…E questa volta i crucchi dovranno pagare – Rivelati da Codacons i risultati della perizia ordinata dal Tribunale di Verona su Dieselgate Volkswagen “Manipolazione accertata, porta aperta ai risarcimenti”

 

Volkswagen

 

 

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…E questa volta i crucchi dovranno pagare – Rivelati da Codacons i risultati della perizia ordinata dal Tribunale di Verona su Dieselgate Volkswagen “Manipolazione accertata, porta aperta ai risarcimenti”

Dieselgate: «Manipolazione accertata, porta aperta ai risarcimenti»

Sono stati rivelati da Codacons i risultati della perizia ordinata dal Tribunale di Verona in merito allo scandalo che ha investito la Volkswagen

Sono stati rivelati da Codacons risultati della perizia ordinata dal Tribunale di Verona in merito al processo Dieselgate, lo scandalo che ha investito la Volkswagen. La casa automobilistica che in Italia ha sede a Verona è accusata di aver falsificato le emissioni di alcune auto alimentate a diesel e nella causa il Codacons è parte offesa in rappresentanza di alcuni automobilisti italiani.

L’incidente probatorio si è concluso con il riconoscimento indiscutibile da parte dei periti nominati dal Tribunale dell’esistenza di un dispositivo di manipolazione in tutte le autovetture sequestrate – ha fatto sapere il Codacons – Si tratta di una modalità di intervento sul funzionamento del motore, classificata come illegale.
In alcuni modelli di autovettura è stato osservato un aumento dei consumi evidente anche se non quantificabile con totale accuratezza dopo i richiami eseguiti dalla Volkswagen. Ed è anche emersa nella discussione, a fronte delle domande dei legali Codacons, la possibilità che le operazioni di richiamo messe in atto dalla casa automobilistica possano avere conseguenze negative sulla affidabilità, in termini di maggiore frequenza di guasti e di un aumento dei costi di manutenzione a carico dei proprietari.
Grazie a questa perizia si apre ora la strada ai risarcimenti in favore dei proprietari delle auto coinvolte nello scandalo, poiché è stata accertata in modo definitivo la manomissione delle emissioni e, quindi, il danno subito dagli automobilisti.

Automobilisti che possono costituirsi parte civile nel procedimento penale attraverso i moduli messi a disposizione sul sito www.codacons.it.

fonte: http://www.veronasera.it/attualita/dieselgate-codacons-risarcimenti-28-marzo-2019.html

 

Papa Francesco rifiuta di incontrare Salvini: “cambi la sua politica sui migranti” …Come mai una notizia tanto eclatante non l’abbiamo sentita dai Tg di regime?

 

Papa Francesco

 

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Papa Francesco rifiuta di incontrare Salvini: “cambi la sua politica sui migranti” …Come mai una notizia tanto eclatante non l’abbiamo sentita dai Tg di regime?

Come ami ai Tg Parlano dei “troni gay” di Maria De Filippi, della patata di Belen e delle corna di Riccardo Fogli, ma non una paroila dei continui, duri attacchi di Papa Francesco a Salvini ed alla sua dittatura dell’odio?

Il no del Papa arriva dopo le considerazioni di ieri sulla nave Open Arms bloccata a Barcellona: “è un’ingiustizia, li tengono fermi per far annegare le persone”

No fermo di Papa Francesco a Matteo Salvini: nessuna udienza privata se non cambia la politica sui migranti. Salvini ci ha provato, più volte, a incontrare il Pontefice, ma dal Vaticano riceve porte chiuse. E la cosa, conoscendolo, non deve fargli molto piacere, specie dopo gli sproloqui con il Vangelo e il Rosario in mano.

I rapporti tra la Santa Sede e il Viminale sono molto freddi sin da quando Salvini si è insediato come Ministro. Già dalla sua prima visita ufficiale in Vaticano, in occasione della festa di san Michele Arcangelo in cui hanno festeggiato insieme Gendarmeria Vatinacana e polizia italiana, Salvini aveva avanzato la sua prima richiesta. Che era rimasta in sospeso e, tra l’altro, la presenza del Ministro tra le mura vaticane era stata accuratamente celata, tanto da non essere riportata da nessuno dei media del Vaticano.

Ma oggi è arrivato il No fermo, e motivato: se la linea del governo sui migranti non cambia, niente colloquio.

A quanto pare se l’atteggiamento di Salvini nei confronti dei migranti non cambierà, il Papa potrebbe non dargli udienza. Perché lasciare le persone in mezzo al mare o a una strada è disumano”. Lo dice la senatrice Vanna Iori, capogruppo del Pd nella commissione Istruzione, aggiungendo: “Non basta agitare un rosario per essere buoni cristiani. Non bastano ritualismi formali ma azioni concrete. Dal Papa un’iniziativa di coraggiosa coerenza con il messaggio evangelico”.

 

tratto da: https://www.globalist.it/news/2019/03/28/il-papa-rifiuta-di-incontrare-salvini-cambi-la-sua-politica-sui-migranti-2039372.html

Come si fa a portare un partito (Il Pd) dal 40% a meno del 20%…? Oltre alle porcate di Renzi, alle banche della Boschi ed ai delinquenti in doppio petto, basta avere gente tipo LUIGI ZENDA, che in un momento così critico, PROPONE L’AUMENTO DEGLI STIPENDI DEI PARLAMENTARI…!

 

ZENDA

 

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Come si fa a portare un partito (Il Pd) dal 40% a meno del 20%…? Oltre alle porcate di Renzi, alle banche della Boschi ed ai delinquenti in doppio petto, basta avere gente tipo LUIGI ZENDA, che in un momento così critico, PROPONE L’AUMENTO DEGLI STIPENDI DEI PARLAMENTARI…!

 

Zanda suicida il Pd: alziamo gli stipendi dei parlamentari

IL NUOVO TESORIERE – PRIMA HA PROPOSTO DI RIPRISTINARE IL FINANZIAMENTO PUBBLICO AI PARTITI, ORA DI FAR SALIRE GLI ASSEGNI. E ZINGARETTI RINGRAZIA

(di Ilaria Proietti – Il Fatto Quotidiano) – Ma quale casta e casta. Il neo tesoriere del Pd, Luigi Zanda, ha le idee chiare: bisogna ribellarsi alle pulsioni della pancia del Paese che si ostina a ritenere indennità e vitalizi parlamentari come un odioso privilegio della politica. E allora per scongiurare che vengano messe ancora le mani nelle tasche degli eletti, bisogna agganciare i loro stipendi a quelli dei parlamentari europei. Che sono più alti anche di 5 mila euro rispetto ai 14 mila che di media spettano in Italia.

Senza timore di sollevare polemiche, Zanda ha presentato un progetto di legge che, se approvato, arricchirà le buste paga dei colleghi di Camera e Senato dove siede da anni. Del resto, per Zanda, sono in ballo i sacri principi, più che gli onorevoli portafogli: “In tutti gli ordinamenti democratici di stampo liberale ai membri del Parlamento è riconosciuto uno status volto a garantire la dignità e l’indipendenza dovute a chi rappresenta il popolo sovrano”, ha scritto nel testo depositato a Palazzo Madama a fine febbraio, pochi giorni prima di assumere il nuovo incarico a cui lo ha chiamato Nicola Zingaretti.

Un documento in cui stigmatizza i tagli e i tagliuzzi intervenuti negli ultimi anni. E adottati “in nome di un’impropria e allarmante identificazione del trattamento economico dei parlamentari con un odioso privilegio”. Poco più che “pulsioni” che, a suo dire, bisogna avere il coraggio di ignorare in nome della Costituzione. Perchè i ritocchi agli stipendi degli eletti hanno contribuito a una “sistematica erosione della credibilità della funzione parlamentare”. Proprio così. E del resto era stato lo stesso Zanda a rilanciare l’idea di un tesoretto da 90 milioni da distribuire ai partiti per limitare i danni connessi alla fine del finanziamento pubblico.

Un uno-due in puro stile Tafazzi, destinato a mette a dura prova il Pd. Di cui peraltro al Nazareno non sentivano il bisogno dopo gli ultimi tracolli elettorali: ovunque si sia votato nell’ultimo anno è stato un bagno di sangue. Ma evidentemente si punta a fare di più: in fondo a maggio ci sono pure le Europee, meglio non correre il rischio di vincerle. Ora la fortuna del neo-segretario Zingaretti è che è già di suo sulla via della calvizie. Ma sicuramente gli è andato di traverso il dileggio del capogruppo del Movimento 5 Stelle, che ieri ha festeggiato l’ok al decretone brindando alla buvette del Senato con un prosecco di cittadinanza con il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: “Cosa dice Zingaretti su questo? È d’accordo con le proposte del suo tesoriere? Perché mentre il suo partito vuole dare più soldi ai partiti e ai politici, rigetta un confronto con Di Maio sul salario minimo orario e critica il reddito di cittadinanza?”, ha scritto su Facebook, Stefano Patuanelli. Contento come una Pasqua non solo per le misure appena approvate, ma pure per il regalo inatteso che gli ha fatto Zanda per la prossima campagna elettorale.

Ma che prevede la sua ricetta di revisione? Sostanzialmente l’aggancio degli stipendi dei parlamentari italiani a quelli dei loro colleghi dell’Europarlamento. D’altronde se l’orizzonte politico è continentale non c’è niente di strano: solo che l’europeismo, a livello di stipendi, facendo due conti significa un discreto aumento. Se, infatti, l’indennità lorda è più bassa (motivo per cui Zanda sostiene che con la sua legge lo stipendio “è leggermente inferiore), salgono assai sia la diaria per le spese di soggiorno che “un’indennità erogata a titolo di rimborso delle spese generali”: entrambe voci esentasse e, nella nuova formulazione, la seconda esente pure dalla fastidiosa incombenza di essere decurtata per pagare i cosiddetti “portaborse” (a quelli si provvede in un altro comma, in cui – grazie a Zanda – si stabilisce che il rimborso sia concesso solo in presenza di spese “effettive”, così come per i viaggi, oggi pagati invece a forfait).

Quanto al resto, a parte l’ incasso mensile che – a stare alla media dell’Europarlamento oscillerebbe tra i 16 e i 19mila euro contro gli attuali 14mila – il nuovo tesoriere del Pd si preoccupa di prevedere anche un’indennità transitoria a carattere temporaneo, il cui diritto matura allo scadere del mandato parlamentare (una sorta di liquidazione); una pensione di sostegno in caso di invalidità insorta nel corso del mandato; infine un trattamento differito per garantire agli ex parlamentari una meritata serenità al compimento del 63esimo anno di età: insomma un vitalizio non di natura previdenziale, ma assicurativa, calcolato sul metodo contributivo e non con il sistema retributivo come per gli europarlamentari, ma, del resto, non si può avere tutto dalla vita.

Alcuni migranti salvati in mare da un mercantile avrebbero dirottato la nave che li stava riportando nei lager Libici – Salvini parla di atto di pirateria… A noi ricorda tanto la storia dell’Amistad – Noi siamo dalla parte dei ribelli!

 

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Alcuni migranti salvati in mare da un mercantile avrebbero dirottato la nave che li stava riportando nei lager Libici – Salvini parla di atto di pirateria… A noi ricorda tanto la storia dell’Amistad – Noi siamo dalla parte dei ribelli!

“Sarebbe il primo atto di pirateria in alto mare, lʼItalia la vedranno col cannocchiale”, ha tuonato il nostro ministro… Che tradotto suona pressappoco “se gente crepa di fame, di guerra, di cambiamenti climatici, se fugge da morte certa, a noi bianchi, ariani, italioti non ce ne frega un cazzo, che crepino pure, ma lontano perchè altrimenti ci disturbano”

I migranti presunti dirottatori avrebbero l’intenzione di dirigersi verso Malta o Lampedusa.

Il mercantile Elhiblu I con un gruppo di migranti (forse 120) a bordo, salvati da un naufragio in acque libiche, ha fatto rotta verso nord. Il Viminale ha parlato di “un cambio di rotta repentino”.

A noi ricorda tanto la storia dell’Amistad – Noi siamo dalla parte dei ribelli!

La storia dell’Amistad

Nella notte tra il 30 giugno e il 1º luglio, gli schiavi trasportati dall’Amistad si ammutinarono, guidati dal nero Sengbe Pieh, poi noto negli Stati Uniti d’America come Joseph Cinque. I prigionieri riuscirono a impadronirsi della nave. Alcuni membri dell’equipaggio rimasero uccisi, due riuscirono a fuggire su una lancia con la quale raggiunsero l’Avana dando l’allarme.  Degli altri membri dell’equipaggio rimasero Ruiz, Montes e lo schiavo del capitano, Antonio, che fece da interprete. Gli schiavi ordinarono agli spagnoli di cambiare rotta per dirigersi verso l’Africa, ma essi finsero di obbedire ingannandoli, navigando invece di notte verso nord-ovest e solo di giorno verso est. La Amistad fu quindi abbordata il 26 agosto 1839 dal guardacoste USRC Washington del servizio navale della finanza statunitense (la United States Revenue Cutter Service), comandato dal tenente di vascello Thomas Gadney, e da questi presa in custodia poco al largo di Culloden Point, Long Island, New York, dove gli ammutinati avevano fatto gettare l’àncora per recarsi sulla costa e procacciarsi acqua e cibo.

Per poterne reclamare la relativa ricompensa dovuta al salvataggio della nave secondo le prassi del diritto marittimo, gli schiavi ribelli (considerati merce) furono catturati e condotti in porto a New London nel Connecticut, dove, a differenza dello Stato di New York, la schiavitù era ancora tecnicamente legale.

Il 7 gennaio 1840 i prigionieri furono processati per ammutinamento: il giudice ritenne non rilevante il motivo per cui si trovassero sulla nave, cioè essere schiavi, rispetto al fatto che ne avessero assunto il controllo con la forza. Parte dell’opinione pubblica statunitense non accettò il verdetto e nacque un movimento di dissenso, nel quale si distinse il Comitato della Amistad, che già durante il processo si era battuto per ottenere la libertà dei prigionieri e l’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti.

Tra i più attivi all’interno del gruppo figurò l’avvocato Roger Baldwin.

Per poter comunicare con gli schiavi un membro del comitato, il professore Josiah Willard Gibbs, Sr., imparò a contare fino a dieci nella lingua mende e si recò al porto di New York, contando ad alta voce. Si fece così notare da James Covey, un marinaio africano della HMS Buzzard (un brigantino appartenente alla Marina britannica) in grado di comprendere e parlare la lingua mende, che divenne il tramite tra il comitato e gli schiavi.

Grazie al dialogo che finalmente si riuscì a instaurare tra difensori e difesi, il comitato riuscì a dimostrare che gli africani erano stati catturati illegalmente, che l’ammutinamento era stato compiuto per rivendicare il loro diritto alla libertà e che pertanto tale azione non poteva essere considerata un reato. La nuova sentenza, emessa nel gennaio 1840, accolse la tesi della difesa, conferì agli schiavi lo status di uomini liberi e rigettò la rivendicazione della Spagna di Isabella II, che ne chiedeva la restituzione come merce in base al Trattato di Pinckney del 1795.

La sentenza contrastava con la politica del presidente Martin Van Buren, tesa a mantenere buone relazioni con la Spagna e, sul piano interno, a non opporsi direttamente alla schiavitù, evitando uno scontro con gli Stati del sud favorevoli allo schiavismo onde favorire una sua rielezione a presidente. Egli sostenne dunque la decisione dell’accusa di proporre appello alla sentenza, portando il caso dinanzi alla Corte Suprema il 23 febbraio 1841. In difesa degli schiavi si schierò l’ex presidente John Quincy Adams: il 24 febbraio, supportato da Baldwin, tenne la sua arringa, riuscendo a convincere la Corte a decretare il 9 marzo 1841 lo stato di libertà degli imputati.

Poiché il governo degli Stati Uniti rifiutò di sobbarcarsi le spese per il ritorno in Africa dei Mendi sopravvissuti, un gruppo di abolizionisti e gli stessi africani raccolsero i fondi necessari a noleggiare la nave Gentleman, che partì per la Sierra Leone nel novembre del 1841. Giunti in patria nel gennaio del 1842, trovarono le loro dimore distrutte e le loro famiglie scomparse, probabilmente in seguito ad altre razzie di commercianti di schiavi.

La Spagna per molti anni chiese un indennizzo agli Stati Uniti per il danno dovuto alla perdita degli schiavi.

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In quest’Italietta fascio-leghista l’odio non risparmia nessuno: è la volta dei disabili: insultati, derisi e discriminati…

 

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In quest’Italietta fascio-leghista l’odio non risparmia nessuno: è la volta dei disabili: insultati, derisi e discriminati…

In quest’italietta fascio-leghista dove le femmine devono fare le femmine, i neri devono stare quanto più lontano possibile e tutto quello che non piace al regime non deve piacere alla gente, ora ce n’è anche per i disabili…

L’odio non risparmia nessuno: è la volta dei disabili, insultati e fatti scendere da un treno

A Milano un uomo di 45 anni è stato costretto a scendere dal treno “perché di troppo”, mentre a Cremona vicino alle sedi di due associazioni è comparsa la scritta “Una marea di handicappati qui. Avete sbagliato via”

Discriminati perché disabili, a Cremona come a Milano.
Nel primo caso, davanti alla nuova sede di due associazioni che si occupano di attività inlcusive, sono comparse scritte anonime sul cartellone del cantiere: “Una marea di handicappati qui, in via Cadore, che magari prendono pure i parcheggi riservati. Avete sbagliato via”.
Nel secondo caso, invece, un 45enne diversamente abile è stato costretto a scendere da un treno regionale perché, come detto dal controllore, a bordo c’era un altro disabile.
Cremona. A denunciare l’episodio è stato il sindaco, Gianluca Galimberti, con un post su Facebook di risposta agli insulti: “No, cittadino che nemmeno ci metti la faccia, sei tu che hai sbagliato. Cremona è una città attenta e aperta alle fragilità che sa che i disabili ci insegnano ogni giorno la forza della vita e del rapporto con gli altri per stare meglio tutti” ha scritto il primo cittadino, definendo la frase apparsa sul cartello con le informazioni relative al cantiere per il restauro dello stabile che ospiterà la sede delle associazioni “orribile, incivile, cattiva e ignorante”.
L’attacco è rivolto a Baskin (che si occupa di basket inclusivo, consentendo a normodotati e disabili di giocare insieme nella stessa squadra) e ad Associazione Giorgia (che si occupa di teatro inclusivo).
“Ti invito – scive ancora il sindaco su Fb – ad andare a vedere una partita di Baskin, movimento fantastico, o uno spettacolo teatrale dell’Associazione Giorgia. Forse non scriveresti più questa orribile frase, incivile, cattiva e ignorante. Noi intanto continuiamo a lavorare insieme a queste associazioni straordinarie e a tutti coloro che si occupano di disabilità per una Cremona senza barriere, anche e soprattutto culturali!”.
Milano. La denuncia , in questo caso, è del diretto interessato: Edoardo Lucheschi, 45enne disabile al cento per cento, costretto a scendere dal treno a Cadorna perché era di troppo.
A riportare la disavventura è il “Corriere della sera”: venerdì pomeriggio Edoardo è salito su un convoglio regionale di Trenord alla stazione di Cadorna insieme alla donna che lo accudisce, diretti alla stazione Bovisa. Un tragitto di pochi minuti per andare a prendere la figlia della donna da scuola.
Dopo essere salito ed essersi seduto vicino alla sua accompagnatrice Edoardo ha ripiegato la sua carrozzina per occupare meno spazio possibile.
Ma il controllore gli avrebbe intimato in modo brusco di scendere perché a bordo del convoglio c’era già un altro disabile e lui non aveva preavvertito della sua presenza, come deve fare (con 48 ore di anticipo) chi ha bisogno di assistenza a bordo.
Edoardo è sceso a Cadorna. Suo fratello, avvocato, ha diffuso l’accaduto.
E poco dopo sono arrivate le scuse di Trenord: “Siamo profondamente rammaricati per quanto accaduto e ci scusiamo con la persona che ha subìto l’allontanamento dal treno. Mentre abbiamo aperto un’indagine interna, abbiamo preso contatto con il nostro cliente per poterlo incontrare presto”.

tratto da: https://www.globalist.it/news/2019/03/26/l-odio-non-risparmia-nessuno-e-la-volta-dei-disabili-insultati-e-fatti-scendere-da-un-treno-2039230.html

Lo strano caso della BCE: soldi e liquidità per la finanza, austerità per la gente…!

 

BCE

 

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Lo strano caso della BCE: soldi e liquidità per la finanza, austerità per la gente…!

All’interno del contesto europeo di generalizzata stagnazione, l’operato della BCE viene spesso caratterizzato come fortemente espansivo in termini di crescita. Stando alla vulgata giornalistica, Mario Draghi starebbe inondando di liquidità il sistema economico al fine di favorire la ripresa. Cerchiamo perciò di capire meglio cosa accade: come vedremo di seguito, la politica monetaria perseguita da Draghi non solo non è sufficiente a riattivare produzione e occupazione, ma è anche saldamente collocata al servizio della perpetuazione delle politiche di austerità.

Il 13 dicembre 2018, la Banca Centrale Europea (BCE) ha annunciato la fine del Quantitative Easing (QE) a partire da Gennaio 2019. Il QE è stato avviato a Marzo 2015 come politica monetaria non convenzionale allo scopo – almeno negli intenti – di rilanciare la crescita economica nell’euro area e permettere all’inflazione di raggiungere un valore vicino al 2%, target di riferimento della BCE. A tale scopo, la BCE espanse i propri bilanci aumentando la base monetaria attraverso un massiccio acquisto di titoli, per lo più pubblici nelle mani delle banche dell’Eurozona. Come si può osservare nella figura, a partire da marzo 2015 (linea rossa), l’offerta di moneta ha subito un brusco aumento passando da 1200 miliardi di euro nel marzo 2015 fino ad arrivare ad un valore di 3200 miliardi di euro nel gennaio 2019, ossia un aumento percentuale di circa il 166% in tutto il periodo osservato.

BCE

Base monetaria in milioni di euro. Fonte: BCE.

Negli intenti dichiarati della BCE, un vigoroso aumento dell’offerta di moneta dovrebbe aumentare la disponibilità di risorse e i prezzi dei titoli nelle pancia delle banche e diminuire i tassi dell’interesse applicati dalle stesse sui prestiti a famiglie ed imprese. Secondo la BCE, i bassi tassi dell’interesse e l’alta disponibilità di liquidità dovevano spingere banche da un lato e famiglie e imprese dall’altro ad aumentare la quantità di moneta nell’economica tramite un aumento dei prestiti i quali a loro volta avrebbero stimolato i consumi e gli investimenti. Questa vigorosa spinta monetaria doveva condurre a maggiori livelli di occupazione e avvicinare l’inflazione realizzata all’obiettivo della BCE, ossia il 2%. Nella sostanza il procedimento di finanziamento dell’economia reale che la BCE si immagina segue questa catena di passaggi:

(i) bisogna permettere alla liquidità a disposizione delle banche di aumentare;

(ii) ciò favorisce una discesa dei tassi d’interesse;

(iii) questo stimola la richiesta dii prestiti da parte di famiglie e imprese;

(iv) di conseguenza, attività economica, occupazione e inflazione vengono rilanciate.

Analogamente, a partire da giugno 2014 e marzo 2016, la BCE ha lanciato un piano di finanziamento dell’economia reale tramite la prima e seconda serie di TLTRO (Targeted longer-term refinancing operations). Si tratta di strumenti di finanziamento che hanno l’obiettivo di fornire alle banche prestiti a lungo termine (per un massimo di 4 anni) a tassi dell’interesse molto agevolati. In questo caso, a differenza del QE, la BCE non pretende la restituzione della liquidità concessa.

Sia nella prima che nella seconda tornata di TLTRO, i volumi di finanziamento ottenibili dalla BCE dipendevano strettamente dal volume di prestiti forniti dalle banche a famiglie e imprese (da tale novero sono stati esclusi i prestiti per l’acquisto di abitazioni). Si è cercato, in pratica, di incentivare l’immissione di liquidità nell’economia reale.

Consideriamo anche che le banche, in generale, fanno profitti perché prestano ai privati a un tasso maggiore rispetto a quello al quale si possono rifinanziare presso la BCE. Dato che i prestiti ai privati sono agevolati mediante sconti sui tassi ai quali le banche si rifinanziano presso la BCE, le banche europee sperimentano un aumento dei margini di profitto legati alla loro attività di prestito. Recentemente, il 7 marzo 2019, la BCE ha annunciato una terza serie di TLTRO che inizierà a settembre 2019 e finirà a marzo 2021.

Queste operazioni saranno condotte a frequenza trimestrale e (molto probabilmente) si applicheranno le medesime condizioni sia sui tassi d’interesse che sulle modalità di prestito impiegate nella prima e seconda tornata di TLTRO. Come ammesso dalla BCE, la terza serie di TLTRO avrà dunque la caratteristica di mantenere in essere una serie di incentivi con lo scopo di stimolare l’economia reale favorendo la concessione di credito da parte delle banche a famiglie ed imprese.

Ora una domanda appare logica e necessaria. Perché, nonostante l’immensa iniezione di liquidità generata dal QE, le favorevoli condizioni di prestito fissate dalle BCE con le TLTRO e i bassi tassi dell’interesse, l’economia europea non saggia il tanto sperato boom economico? Per rispondere a queste domande ci focalizzeremo su alcuni punti fondamentali, e cercheremo di spiegare i motivi per cui il QE e le TLTRO non erano, non sono e mai saranno strumenti idonei a favorire la crescita economica e occupazionale di un Paese.

Anzi, come anticipato, si tratta di uno strumento che rimette prepotentemente al centro della scena politico-economica la BCE, e la sue scelta di acquistare o meno titoli di Stato che condizionano ogni giorno le dinamiche dello spread, strumento di disciplina delle politiche fiscali attraverso la minaccia dei mercati.

1. Come anticipato, il QE è stato uno strumento di politica monetaria che ha inondato il sistema bancario di liquidità tramite un aumento dell’offerta di moneta senza precedenti. Tale strumento non ha tuttavia portato alcun giovamento alla crescita economica ed occupazionale, che, specialmente per i paesi periferici dell’Unione, risulta essere ancora stagnante e debole. Il ragionamento erroneo alla base del QE è quello di ritenere che facendo affluire liquidità alle banche questa si tramuti in prestiti che stimolano la produzione e l’occupazione.

Nelle economie capitalistiche moderne avviene l’esatto contrario. In generale, le famiglie e le imprese richiedono al sistema bancario una certa quantità di moneta sotto forma di prestiti, e le banche concedendoli la creano. Così facendo vediamo che è la domanda di prestiti a determinare l’offerta di moneta del sistema bancario, e non il contrario come supposto dalla BCE. Tra gli economisti si è soliti descrivere la politica monetaria e l’inadeguatezza del meccanismo di aumento dell’offerta di moneta con la metafora acqua-cavallo: se la moneta fosse l’acqua e l’economia reale fosse il cavallo, il cavallo non beve non perché manca l’acqua ma perché non ha sete.

Da qui scaturisce il secondo punto di riflessione della nostra analisi: comprendere cosa determina la sete del cavallo, cioè capire cosa influisce sulla domanda di prestiti di famiglie e imprese.

2. Come implicitamente osservato dalla BCE, la caduta dei tassi dell’interesse dovrebbe stimolare l’economia reale attraverso una maggiore domanda di credito. Se da una parte questo meccanismo può funzionare per il finanziamento dell’acquisto di abitazioni – il quale è stato escluso dal programma delle TLTRO – è facilmente dimostrabile che questo non funziona quando si vogliono stimolare gli investimenti, da finanziare tramite prestiti.

Le imprese incrementano gli investimenti solo quando percepiscono maggiori opportunità di vendita dei beni e servizi prodotti, e non perché il costo del denaro e dei prestiti è basso. Immaginiamo per un momento di essere un padrone, per esempio un produttore di vanghe, e chiediamoci: “Perché dovrei aumentare il mio investimento in nuovi macchinari utili a produrre vanghe?”. È economicamente ragionevole aumentare l’investimento quando le aspettative di vendita di vanghe aumentano: installerò nuovi macchinari in modo da essere in grado di produrre più vanghe e quindi soddisfare la domanda proveniente dal mercato. Contrariamente, non aumenterò gli investimenti (ossia, gli acquisti di macchinari atti a produrre vanghe) quando diminuisco i tassi dell’interesse perché potrei non ricevere dal mercato una domanda di vanghe tale da farmi usare i nuovi macchinari ad un livello desiderabile.

In altre parole, se investissi solo basandomi sui tassi dell’interesse (ossia il costo dell’investimento), potrei dover lasciare dei macchinari inutilizzati, i quali graverebbero come costi sui bilanci della mia impresa senza tuttavia apportarmi dei benefici in termini di vendita di vanghe, e quindi di ricavi e profitti.

Di conseguenza, solo una politica volta ad aumentare la domanda di beni e servizi può generare effetti positivi sull’economia, e di conseguenza sulla domanda di investimenti e prestiti. Specialmente nei periodi di profonda recessione e nei momenti storici caratterizzati da disoccupazione, solo uno stimolo basato sull’aumento della spesa pubblica risulta essere efficace. Di contro, come la storia ci testimonia, la politica monetaria ha pochissimi effetti sull’economia reale perché né i bassi tassi dell’interesse né tutta la moneta creata dalla banca centrale hanno stimolato la crescita economica e occupazionale. Tutt’al più tali misure influenzano i profitti del settore bancario tramite una riduzione dei costi di indebitamento, come nel caso delle TLTRO, oppure fornendo elevati volumi di liquidità che poi restano fermi nelle pance delle banche, come nel caso del QE.

Come se tutto ciò non bastasse, non bisogna mai dimenticare il fatto che l’uso degli strumenti illustrati è stato più volte messo al servizio dell’austerità mediante il sistema della ‘condizionalità’. In altre parole, la BCE può sempre intervenire, così come per aprirli, per chiudere i suoi rubinetti o per diminuirne il getto, quando gli Stati ne hanno più bisogno, sottoponendo la concessione di liquidità a precise indicazioni politiche di stampo liberista, a volte recapitate anche a mezzo di simpatiche letterine. In questa cornice, il QE è stato anche un mezzo per condizionare la politica economica ed imporre l’austerità, sostanziandosi come uno strumento che ha aumentato le facoltà della BCE di lasciare i debiti pubblici dei singoli paesi in balìa dei mercati. Se paradigmatico in questo senso è il caso greco, un’ulteriore riprova ne è recentemente stata la fase di formazione del governo italiano in carica. Per concludere quindi, la millantata “eroica” politica monetaria dell’ineffabile Draghi non è solo economicamente inefficace, ma anche politicamente pericolosa.

* Coniare Rivolta è un collettivo di economisti – https://coniarerivolta.org/

 

 

Tu chiamala, se vuoi, coerenza – “Sono contrario ai contratti commerciali con la Cina perché poi vengono qui e comprano le nostre società”. Lo ha dichiarato Berlusconi. Sì, Silvio Berlusconi. Lo stesso Silvio Berlusconi che ha venduto il Milan ai cinesi per 740 milioni…!

 

Silvio Berlusconi

 

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Tu chiamala, se vuoi, coerenza – “Sono contrario ai contratti commerciali con la Cina perché poi vengono qui e comprano le nostre società”. Lo ha dichiarato Berlusconi. Sì, Silvio Berlusconi. Lo stesso Silvio Berlusconi che ha venduto il Milan ai cinesi per 740 milioni…!

“La Cina dovrebbe fare paura a tutti”

“E’ uno Stato comunista, totalitario, che non mira solo a una supremazia economica, ma anche a un’egemonia politica. E’ il contrario della nostra democrazia occidentale”

“L’occidente deve mettersi insieme per sostenere i valori della democrazia, del libero mercato, il diritto di libertà contro una strategia egemonica assolutamente pericolosa”

“Solo un Occidente forte e unito può resistere alla sfida lanciata dalla Cine per un’egemonia non solo economica ma anche politica con una filosofia che è il contrario dei valori occidentali”

“Sono contrario ai contratti commerciali con la Cina perché poi vengono qui e comprano le nostre società”

Chi ha rilasciato solo qualche giorno fa queste dichiarazioni? Dai è facile…

È stato il sig. Silvio Berlusconi… Sì, proprio Silvio Berlusconi. Lo stesso Silvio Berlusconi che ha venduto il Milan ai cinesi per 740 milioni…!

Tu chiamala, se vuoi, coerenza…

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Ignazio Corrao (M5s): con il Pd gli agricoltori non raccoglievano le arance, con noi migliora l’export

 

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Ignazio Corrao (M5s): con il Pd gli agricoltori non raccoglievano le arance, con noi migliora l’export

di Ignazio Corrao, Efdd – Movimento 5 Stelle Europa. 

“Il Movimento 5 Stelle mette a segno un altro fondamentale risultato per il bene del Paese. La possibilità del trasporto aereo delle arance siciliane verso la Cina è un segno concreto di vicinanza ai produttori e agli agricoltori siciliani che con i governi del Pd erano invece costretti a lasciare sugli alberi le arance perché non c’era un adeguato ritorno economico.

Abbiamo trovato una situazione paradossale. L’Italia vanta delle eccellenze uniche al mondo che non riusciva a piazzare sul mercato perché nessuno ascoltava i produttori. L’incapacità dei partiti ha creato danni enormi: il prezzo di vendita e gli sbocchi commerciali delle arance non coprivano i costi di produzione. Con noi arriva il cambio di passo sperato, grazie al dialogo avviato dal governo con la Cina, apriamo ai produttori italiani il mercato più grande del mondo.

Finora le arance potevano essere trasportate solo attraverso le navi con tempi lunghissimi e costi esorbitanti. Grazie a Luigi Di Maio adesso invece possono raggiungere la Cina anche via aereo. Ecco a cosa serve il memorandum con la Cina: a rafforzare il Made in Italy.

Alle chiacchiere del Pd e dei professoroni da salotto tv noi rispondiamo con i fatti concreti: dialogare con la Cina serve a farci recuperare il tempo perduto e gli errori di una classe dirigente che ha mortificato il nostro Paese. Avanti, che c’è tanto lavoro da fare!”

 

fonte: http://www.efdd-m5seuropa.com/2019/03/con-il-pd-gli-agrico.html

Ma la volete sapere la verità? I governi tedeschi, quelli che si ergono a giudici implacabili contro la Grecia, NON HANNO MAI PAGATO I LORO DEBITI !!

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Ma la volete sapere la verità? I governi tedeschi, quelli che si ergono a giudici implacabili contro la Grecia, NON HANNO MAI PAGATO I LORO DEBITI !!

 

I governi tedeschi, quelli che si ergono a giudici implacabili contro la Grecia e che cercano di destabilizzarla per impedire il referendum popolare, sono specialisti nel non pagare i loro debiti. Lo hanno già fatto tre volte nel corso dell’ultimo secolo. La prima volta dopo la Prima guerra mondiale, la seconda nel 1953 e la terza nel 1990 dopo la riunificazione. Vediamo brevemente.

Nel 1923 l’iperinflazione portò alla totale perdita di valore della moneta tedesca, al default e all’interruzione del pagamento del Debito che il governo tedesco stava pagando per le riparazioni di guerra. Il piano statunitense (Daves), che impose nel 1924 una nuova moneta, previde che i tedeschi avrebbero potuto onorare i loro debiti emettendo un prestito obbligazionario da collocare sul mercato della finanza mondiale per una somma totale di 800 milioni di marchi oro. Si trattò a tutti gli effetti di un enorme prestito internazionale dato ai tedeschi per permettergli di pagare il debito.

Nel 1928 avvenne però anche una ricontrattazione del debito, con la riduzione delle quote da pagare e un enorme allungamento dei tempi di restituzione a 60 anni! (Piano Young).

Nel 1933. Dopo aver vinto le elezioni, i nazisti smisero di pagare i debiti e le riparazioni dovute. Negli anni successivi cominciarono ad invadere i loro vicini, non dimenticando mai, appena arrivati, di svuotare le casseforti degli altri.

Nel 1953, dopo la Seconda guerra mondiale, la Germania ha nuovamente battuto cassa per non pagare il suo debito. Il 27 febbraio 1953, la conferenza di Londra, ha infatti deciso l’annullamento di circa i due terzi del debito tedesco (62,6%). Il debito di prima della guerra è stato ridotto da 22,6 a 7,5 miliardidi marchi e il debito del dopoguerra è stato ridotto da 16,2 a 7 miliardi di marchi. Oltre al taglio del debito la Germania ottenne anche un forte dilazionamento: oltre 30 anni di tempo per pagare la quota di debito rimanente. L’accordo è stato firmato dalla repubblica federale tedesca con 22 Paesi, tra cui la Grecia.

La conferenza di Londra aveva però messo una clausola: la parte di debito relativo ai danni provocati dalla guerra veniva posticipato ad un ipotetico periodo futuro nel caso in cui si fosse verificata la riunificazione della Germania.

Nel 1990, quando vi è stata la riunificazione, la Germania non tenuto in alcun conto i suoi impegni presi nella conferenza di Londra del 1953 riguardo alle riparazioni di guerra. Il Cancelliere di allora, Helmut Kohl, si è rifiutato di applicare l’accordo di Londra del 1953 sui debiti esterni della Germania là dove veniva previsto che le le riparazioni destinate a rimborsare i disastri causati durante la seconda guerra mondiale dovevano essere versati alla riunificazione. Qualche acconto è stato versato ma si tratta disomme minime. La Germania non ha regolato i suoi conti dopo il 1990, ad eccezione delle indennità versate ai lavoratori forzati. I soldi prelevati con la forza nei paesi occupati durante la seconda guerra mondiale e i danni legati all’occupazione non sono stati rimborsati a nessuno. Tantomeno alla Grecia.

Da notare che i nazisti, al tempo dell’occupazione militare, hanno imposto alla Grecia il pagamento dei costi della loro occupazione. Insomma non solo hanno distrutto e ucciso, ma hanno letteralmente saccheggiato il Paese… Tenuto conto dell’inflazione dopo il 1945, la Germania ha un enorme debito con la Grecia che è stato calcolato in 162 miliardi di euro. Non proprio noccioline….

Questi sono i governanti tedeschi, che si ergono ad autorità morale contro il popolo greco e il suo governo. Governano una nazione che è stata rimessa in piedi dal Piano Marshall dopo che aveva scatenato una guerra, distrutto il continente e fatto decine di milioni di morti. Una nazione, un governo e un popolo che non hanno mai pagato i propri debiti e che proprio grazie a questo e agli aiuti sono potuti ridiventare una potenza mondiale. E’ bene ricordarglielo mentre stanno cercando di assassinare il popolo greco per la seconda volta.

 

 

FONTE: http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/29/grexit-i-governi-tedeschi-non-hanno-mai-pagato-i-loro-debiti/1824300/

Perchè nessuno parla più del Franco CFA? …Perché dopo le uscite di Di Maio e Di Battista, non si può neanche più nominarlo? Sarà perché il sistema di sottomissione del Franco CFA somiglia tanto, forse troppo a quello dell’Euro…?

 

Franco CFA

 

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Perchè nessuno parla più del Franco CFA? …Perché dopo le uscite di Di Maio e Di Battista, non si può neanche più nominarlo? Sarà perché il sistema di sottomissione del Franco CFA somiglia tanto, forse troppo a quello dell’Euro…?

 

Sarà per questo che il Franco CFA non può essere neanche nominato?

Secondo i sostenitori del franco CFA, un regime di cambio fisso permette di importare “credibilità”, di combattere efficacemente l’inflazione, vale a dire un aumento permanente dei prezzi, e di facilitare gli scambi. C’è del vero in questo. Ma i costi economici di un tale sistema sono spesso trascurati. È assodato che un regime di cambio fisso determina tendenzialmente un livello di inflazione poco elevato. Viceversa, un regime di cambio flessibile provoca un po più di inflazione, ma favorisce una maggiore stabilità dell’attività economica: ha una funzione di ammortizzazione che rende possibile reagire agli shock e ridurre significativamente la volatilità (le variazioni) della produzione e dell’occupazione, cosa che invece non consente un regime di cambio fisso18

Le statistiche dell’FMI sembrano suggerire che un tasso di cambio fisso non sia necessariamente una buona opzione per i paesi africani: dal 2000, i paesi dell’Africa subsahariana che operano in un regime di cambio fisso hanno registrato una crescita economica dall’1 ai 2 punti inferiore rispetto ai paesi con un tasso di cambio flessibile. Questo scarto è dovuto in particolare «alla minore crescita dei paesi membri della zona del franco», afferma il Fondo Monetario

«Se un piccolo paese fissa unilateralmente la propria valuta a un vicino più grande, in realtà sta trasferendo la propria sovranità in termini di politica economica a quel vicino più grande», disse il vincitore del premio Nobel Robert Mundell.

«Questo paese perde la propria sovranità perché non controlla più il proprio destino monetario; il paese più grande, invece, guadagna sovranità perché gestisce un’area valutaria più ampia e guadagna un maggiore “peso” nel sistema monetario internazionale». Nel caso della zona del franco, questa realtà significa che alcuni dei paesi più poveri del mondo, come il Niger e la Repubblica Centrafricana, hanno subìto delle politiche monetarie basate sulle esigenze dell’economia francese prima e della zona euro poi. Significa anche che i quindici paesi membri della zona del franco, presi individualmente, non hanno la possibilità di utilizzare il tasso di cambio per ammortizzare gli shock.

E questo in un continente in cui gli shock – politici (colpi di Stato, guerre, tensioni sociali, ecc.), climatici (variazioni pluviometriche, siccità, inondazioni, ecc.) ed economici (volatilità dei prezzi dei prodotti primari, dei tassi di interesse del debito estero, dei flussi di capitale, ecc.) – sono all’ordine del giorno. Per far fronte a degli shock avversi, dunque, i paesi del franco hanno un’unica soluzione, in assenza di trasferimenti di bilancio: la “svalutazione interna”, cioè un adeguamento dei prezzi interni che passa per riduzione dei redditi da lavoro e della spesa pubblica, l’aumento delle imposte e infine il declino dell’attività economica».

Mi ricorda qualcosa ma non saprei dire cosa.

tratto da L’antidiplomatico