“Rivieni avanti, aretina” – Assolutamente da leggere, perchè quando la penna di Marco Travaglio si imbatte nell’aretina pidiota è una goduria da orgasmo!

 

Marco Travaglio

 

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“Rivieni avanti, aretina” – Assolutamente da leggere, perchè quando la penna di Marco Travaglio si imbatte nell’aretina pidiota è una goduria da orgasmo!

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Fantastico Marco Travaglio: “Vieni avanti, aretina”

Rivieni avanti, aretina di Marco Travaglio

Avevamo giurato, e sperato, di non occuparci mai più di Maria Etruria Boschi, lasciando agli storici la pratica di compilarne un breve profilo nel reparto “Minori del Novecento”.

“Avvocaticchia della provincia aretina, classe 1981, inopinatamente promossa da Renzi nel 2014 ministra delle Riforme e Rapporti col Parlamento, e nel 2016 dall’incolpevole Gentiloni sottosegretaria a Palazzo Chigi, è nota per due crac: quello della Banca Etruria vicepresieduta e amministrata dal padre e quello della riforma costituzionale scritta a quattro piedi con Verdini e respinta con perdite dagli italiani. Rieletta a viva forza nel 2018 a Bolzano, dove ancora non la conoscevano, e munita per precauzione di ben 5 collegi-paracadute sparsi per l’Italia, fece perdere le sue tracce durante la sua seconda e ultima legislatura, poi tornò alla materia primigenia: il nulla”.

Ma dobbiamo fare un’eccezione, perché la signorina ha concesso ben 6 pagine d’intervista al Sette diretto da Severgnini, annunciata in pompa magna col titolo “La nuova vita di MEB”. Vita, naturalmente, si fa per dire.

Chi scorre le risposte, ma soprattutto le domande di Stefania Chiale, è colto da una sensazione strana e straniante: quella che l’intervistata debba placare i bollenti spiriti dell’adorante intervistatrice. Alla quarta riga, per dire, la Chiale già stigmatizza “la violenza degli attacchi personali durante la vicenda Etruria”, guardandosi bene dal rammentare di che sta parlando: cioè di una ministra che non dovrebbe occuparsi di banche, giura in Parlamento di non essersi mai occupata di banche e invece viene colta col sorcio in bocca a raccomandare – tra una mezza dozzina di banche fallite – proprio quella paterna. Il dg Bankitalia, il presidente Consob e l’ex ad Unicredit – auditi in commissione Banche – la dipingono come una specie di stalker che, appena li incontrava, prima ancora dei saluti, li implorava di salvare la banca di papi.

Ora, con gran sollievo degli italiani, soprattutto degli aretini, si occupa d’altro: “L’Onorevole (maiuscolo, ndr) Boschi sta finendo l’intervento in Aula (maiuscolo, ndr) sui vaccini”. Sono soddisfazioni. Ma preferiva fare la ministra: “Politicamente si stava meglio prima, su questo non c’è dubbio!” , afferma in lieve controtendenza con l’elettorato. Però il nuovo status non è male: “Negli anni di governo non ho mai spento il cellulare” (chiamava per Etruria pure di notte). Una vita d’inferno: “Ero abituata a svegliarmi più volte di notte per non perdere telefonate o messaggi quando ho avuto anche la responsabilità della Protezione Civile”.
Oddio, questa l’avevamo proprio rimossa: la Boschi alla Protezione civile. Fortuna che Madre Natura invece lo seppe e fu così gentile da risparmiarci in quel lasso di tempo altri disastri: bastava la Boschi.

Invece, “il 1° giugno, quando si è insediato il nuovo governo, ho spento il telefono per la prima volta”. Anche perché erano settimane che non chiamava nessuno. E dire che, nel 2014, un sito di squilibrati l’aveva infilata addirittura “nella lista dei 28 personaggi che stanno cambiando l’Europa”. Chissà che si erano fumati.

Altra perla: “Siamo stati più noi nelle periferie del M5S”, e infatti da allora le periferie votano M5S: l’hanno riconosciuta. Il 4 marzo “la mia prima scelta era Arezzo, per potermi togliere qualche sassolino dalle scarpe. Poi abbiamo (noi maiestatico, come il Papa, ndr) pensato a una candidatura altrove, per evitare che tutta la campagna venisse focalizzata sul tema banche”. Ma soprattutto che i sassolini dalle scarpe se li levassero gli aretini e la incontrassero per la strada.

“Il collegio di Bolzano non è stato casuale: avevo lavorato sulle Autonomie Speciali, conoscevo come funziona la realtà dell’Alto Adige”. Ma tu pensa. La focosa intervistatrice lacrima per “gli attacchi che ha subìto, sui social e non solo (penso al Cosciometro del Fatto Quotidiano)”: una vignetta di Natangelo, roba che neanche l’Isis. Lei la rincuora: “Non so se sono stata il capro espiatorio”, però ha patito tanti “pregiudizi”.

Domanda (si fa per dire): “L’essere donna crede abbia influito?”. “Un po’ sì, quello che ho fatto io è stato accettato con più fatica che se l’avesse fatto un uomo”. In effetti, se a occuparsi di Etruria fosse stato il ministro dell’Economia che non aveva parenti in banca anziché la ministra delle Riforme figlia del vicepresidente, sarebbe stata un’altra cosa.

Sistemati i sessisti del #MebToo, la patriota auspica una bella “crisi economica” che rovesci il governo. E le minacce non sono finite: “riprendo il mio mestiere di avvocato”. A noi risulta che abbia bussato ai maggiori studi legali, come Alfano, ma diversamente da lui ha trovato chiuso. Quindi al momento riesce a essere una tacca sotto Alfano (categoria che si riteneva impossibile in natura).

L’ultimo scoop è della Chiale: “Fraccaro propone cose non dissimili alle sue, come l’abolizione del Cnel e la riduzione dei parlamentari. Soddisfazione o amarezza?”.
Balle: la Boschi&Verdini fu bocciata perché aboliva le elezioni del Senato per infarcirlo di consiglieri regionali e sindaci. Ma tanto non se lo ricorda nessuno, tantomeno la Boschi, che la sua “riforma” non solo non l’ha scritta, ma neppure letta.

E Renzi? “È il politico più coraggioso che conosco”. Figurarsi gli altri. “Un difetto? Si fida troppo degli altri”. Ecco, è troppo buono.
Ma ora passiamo alle cose serie: “Il libro che sta leggendo?”. “Due in contemporanea” (è una ragazza prodigio). Uno è Non si abbandona mai la battaglia (sottotitolo: nemmeno quando si è giurato di dimettersi in caso di sconfitta).

Se la memoria non ci inganna, già il 13 agosto s’era fatta un selfie su Instagram con quel testo in grembo. Non saranno troppi 40 giorni per un solo libro?
O in ferie guardava le figure?

“Rivieni avanti, aretina”, di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 21 Settembre 2018

Inceneritori e cancro – È emergenza bambini, tumori aumentati anche del 90% in soli 10 anni. E allora non dimenticate quando Renzi in Tv difendeva gli inceneritori e gli interessi dei suoi amici sulla pelle della gente, aggredendo e insultando un’oncologa – NON DIMENTICATE!

 

Inceneritori

 

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Inceneritori e cancro – È emergenza bambini, tumori aumentati anche del 90% in soli 10 anni. E allora non dimenticate quando Renzi in Tv difendeva gli inceneritori e gli interessi dei suoi amici sulla pelle della gente, aggredendo e insultando un’oncologa – NON DIMENTICATE!

Ve ne avevamo già parlato qui:

Di inceneritore si muore. Succede a Vercelli (e non solo). E solo un criminale può dire che non è vero. E quel criminale ce lo siamo tenuti 3 anni come presidente del Consiglio!! Ricordatevelo quando, con la faccia di bronzo che si ritrova, Vi chiederà il Vostro voto!

 

Guardate questo video? Ve lo ricordate? L’arroganza e la falsità di quest’uomo che aggredisce in malo modo l’oncologa colpevole di aver detto in TV che gli inceneritori PROVOCANO IL CANCRO!

Ma come si permette, mettere in discussione i guadagni degli amici di Renzi per qualche bambino che crepa di cancro…?

 

Tumori infantili, in Italia è una emergenza: il governo pronto a varare una legge contro rifiuti ed inceneritori

L’inquinamento è un cancro: così l’Italia scopre l’emergenza “bambini”

Il rischio di sviluppare malattie oncologiche nelle aree più inquinate del nostro Paese è aumentato anche del 90% in soli 10 anni. Uno su 5-600 nuovi nati si ammalerà di cancro prima del compimento del quindicesimo anno d’età. Il governo annuncia nuovi decreti e proposte di legge

 

Tumori infantili, in Italia è una emergenza: il governo pronto a varare una legge contro rifiuti ed inceneritori

Colazioni fugaci, pranzi in piedi, traffico e ritmi frenetici: già all’alba dell’autunno tutto questo appare nuovamente “normale”, ma tutto questo per il nostro benessere non è a costo zero e il prezzolo stiamo pagando già da anni: i “fattori ambientali modificabili” e gli “stili di vita non corretti” stanno avendo sulla nostra salute un impatto considerevole e i dati risultano allarmanti, tanto gridare all”Emergenza cancro“. Una vera e propria ipoteca sul futuro, peraltro costosissima sui bilanci del sistema sanitario nazionale.

Nel 2016 il Ministero della Salute ha diramato una mappa delle zone più inquinate in Italia, associata all’eventuale aumento di tumori in queste aree: i dati mostrano un aumento anche del 90% di malattie tumorali nelle zone inquinate soprattutto cancro alla tiroide, tumore alla mammella e mesotelioma associati alla presenza di sostanze come la diossina, amianto, petrolio, piombo, pcb, mercurio.

L’Italia vanta anche un altro triste primato, quello dei tumori infantili: in nessuno paese in Europa è così alta l’ncidenza di malattie tumorali sui bambini che vivono nelle aree maggiormente inquinate.

Uno studio dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) su 62 Paesi a livello mondiale mostra come la più alta incidenza di cancro compare tra 0-14 anni e tra 15-19 anni in Sud Europa e comprende Italia oltre a Cipro, Malta, Portogallo e Spagna.

I tumori maggiormente in aumento sono le leucemie. Negli adolescenti tra i 15 e i 19 anni sarebbero in aumento linfomi, carcinoma e melanoma. Ci sono poi i rischi legati all’inquinamento dell’aria con aumento di casi di tumori del polmone. In aumento anche le patologie cutanee e i tumori dell’oro-faringe. Si stima infine che una non sana alimentazione, unitamente a stili di vita non sani, incidano per il 65% nell’incidenza di tumori. Mentre gli esperti sono concordi: dagli anni 70 ad oggi la probabilità di sviluppare un tumore in età pediatrica è aumentata in modo preoccupante e maggiormente in aree esposte a inquinanti ambientali.

“I dati raccolti nel periodo 2006-2013 in 28 dei 45 siti italiani maggiormente inquinati hanno poi sottolineato un incremento di tumori maligni del 9% nei soggetti tra 0 e 24 anni, registrando picchi del 50% per i linfomi Non-Hodgkin, del 62% per i sarcomi dei tessuti molli e del 66% per le leucemie mieloidi acute”.

Tumori, in arrivo decreto su rifiuti e inceneritori

Come spiega il deputato pentastellato Zolezzi è stato calcolato che le emissioni inquinanti in Italia pesano per 48 miliardi all’anno sui conti della sanità pubblica.

“L’Italia risulta detenere il triste record delle malattie oncologiche in età pediatrica – afferma il ministro dell’Ambiente Sergio Costa – come ho sottolineato ieri al G7 Ambiente, vi è un’urgenza di intervenire ineludibile”.

“Nelle prossime settimane agiremo con interventi normativi sulla riduzione dei rifiuti e gli inceneritori”

Le altre “terre dei fuochi” d’Italia, da Brescia al Lazio alla Puglia

Proprio oggi il ministro dell’Ambiente Sergio Costa era in visita alla Sbarro Institute della Temple University di Philadelphia, istituto di ricerca sul cancro e la medicina molecolare diretto dal prof Antonio Giordano, in prima fila per gli studi sulla terra dei fuochi in Campania. “I ricercatori, molti dei quali giovani italiani, stanno ampliando il raggio di azione e stanno analizzando le altre “terre dei fuochi” di Italia, da Brescia al Lazio alla Puglia. Stanno trovando tracce delle sostanze inquinanti nei capelli e nel sangue ed è un lavoro molto importante che ci consentirà di lavorare su questo anche nella legge Terre dei Fuochi che stiamo scrivendo.

“Da ogni parte di Italia ci arrivano le richieste di aiuto dei cittadini che vivono in luoghi inquinati”.

Ci sono scelte ineludibili in campo ambientale, della mobilità, dell’energia, della gestione dei rifiuti, delle acque, della bonifiche e rimozione amianto, tutela del suolo” dichiarano in una nota i capigruppo del MoVimento 5 stelle nelle Commissione Ambiente di Camera e Senato: 

“Il Contratto di Governo parla chiaro, è necessario puntare su un modello che superi le fonti fossili e puntare sulla mobilità sostenibile urbana ed extraurbana ed è indispensabile fermare il consumo di suolo il quale va completamente eliminato, nel campo dei rifiuti è necessario puntare sull’economia circolare con riduzione rifiuti  con provvedimenti su end of waste e sulla plastica monuso che anticipano le direttive Ue, riutilizzo, raccolta differenziata domiciliare ‘porta a porta’ con tariffa puntuale, impianti di recupero materia e superare nel tempo inceneritori e discariche, iniziando a non costruirne più  poi chiudendole gradualmente sul modello pubblico della provincia di Treviso. Inoltre andrà abolito l’articolo 35 dello Sblocca Italia che favorisce l’incenerimento. Sull’energia è necessario puntare su efficienza energetica e rinnovabili”.

Già settimana prossima alla Camera verrà incardinata la legge a prima firma Vignaroli concordata tra M5s e Lega per la regolamentazione e promozione dei Mercatini dell’usato, un settore che interessa oggi 100mila persone e intercetta e permette la riduzione di 500mila tonnellate di rifiuti urbani che altrimenti andrebbero a smaltimento.

In arrivo anche la legge per limitare il consumo del suolo a prima firma Paola Nugnes che prevede la promozione della rigenerazione urbana.  Sempre tra le nuovi leggi in arrivo al Senato è in discussione la proposta di legge a prima firma Castellone per l’istituzione del referto epidemiologico della popolazione e della rete nazionale dei registri dei tumori.

Serve quindi una svolta dei decisori politici e del sistema produttivo per limitare le emissioni inquinanti nell’aria e nell’acqua. “Ci sono poi semplici regole che ognuno di noi può seguire a casa propria per fare prevenzione ambientale – dichiara Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale e docente di Prevenzione Ambientale del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli Studi di Milano – dall’utilizzo di bottiglie d’acqua in vetro anziché in plastica ai piccoli accorgimenti per migliorare la qualità e ridurre lo spreco di acqua potabile – e per evitare i danni causati dall’eccessiva esposizione all’inquinamento indoor e ai campi elettromagnetici .

Fonte: http://www.today.it/salute/inquinamento-tumori-infantili.html

 

23 settembre 1916 – 23 settembre 2018 – Buon compleanno Aldo Moro, a te ed a tutti i misteri che 40 anni di indagini non sono riusciti e chiarire.

 

Aldo MoroAldo Moro

 

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23 settembre 1916 – 23 settembre 2018 – Buon compleanno Aldo Moro, a te ed a tutti i misteri che 40 anni di indagini non sono riusciti e chiarire.

 

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Sei commisioni d’inchiesta, cinque processi e un numero infinito di teorie e ricostruzioni aleatorie. Ma non esiste ancora una verità ufficiale sull’omicidio del leader Dc. E tante domande rimangono inevase.

Quarant’anni da via Fani, da via Caetani e ancora non si sa perché sia morto Aldo Moro. Per salvaguardare segreti di Stato usciti per sbaglio? Per accelerare la crisi democratica del consociativismo Dc-Pci? Per aprire la strada a possibili derive autoritarie? Perché così voleva Kissinger, la Cia, il Kgb, gli israeliani, i palestinesi, i libici, la mafia? In quarant’anni se ne sono sentite di ipotesi, di fantapolitiche, di possibilità ragionate, si sono chiariti alcuni dubbi, sono state spazzate via alcune verità di comodo di stampo brigatista, revisionista, ma allo stato dell’arte vale sempre lo sberleffo che chi scrive raccolse dalla terrorista Anna Laura Braghetti, la carceriera di Moro: «Ma sì, indagate, indagate, non avete fatto altro per 25 anni, non farete altro per i prossimi 25». Come a dire che la verità vera la sapevano loro e sapevano come tenerla blindata, ne avevano facoltà perché lo Stato, tutta questa voglia di scoprire gli altarini ultimi, definitivi, non è che l’avesse. Intanto i testimoni spariscono uno dietro l’altro portandosi in tomba i segreti che contano; intanto le Commissioni d’inchiesta si susseguono e, sì, qualcosa fanno, ma un po’ alla maniera di Diogene che col lanternino cercava l’uomo.

Ma sì, indagate, indagate, non avete fatto altro per 25 anni, non farete altro per i prossimi 25 (ANNA LAURA BRAGHETTI, EX BRIGATISTA ROSSA).

Dove sta il memoriale vero, il manoscritto di Moro redatto durante la prigionia che usciva a pezzi, opportunamente emendato, dal covo milanese di via Monte Nevoso? La prima ondata finì nelle mani esperte e smaliziate del generale Dalla Chiesa il primo ottobre del 1978, dopo la retata dei nove brigatisti inchiodati nel covo, la seconda uscì 12 anni dopo, nel 1990, quando casualmente da un tramezzo veniva giù una pioggia d’armi, banconote e documenti. Dove le registrazioni audio dei suoi interrogatori? È vero che vengono conservati nel caveau di una banca svizzera, lingotti di ricatti? Dove stanno le svariate prigioni dell’ostaggio, a parte quella, leggendaria, di via Montalcini? Lungo il litorale di Marina di Palidoro, a Fiumicino? Dalle parti del Ghetto, vicino a dove la R4 col suo cadavere fu ritrovata?

CINQUE PROCESSI E SEI COMMISSIONI D’INCHIESTA. Quanti furono a prender parte al raid di via Fani? Da nove divennero prima 14, poi 20, forse, considerate le sentinelle d’appoggio, anche di più. Alcuni sono stati fatti filare al sicuro, in Nicaragua, anche tramite prelati come il famoso Abbè Pierre. Ancora, il ruolo di Gladio, degli apparati Nato, della falsa scuola di lingue francese Hyperion, centro di raccolta sia di terrorismi che di nuclei di spionaggio internazionali, dei viaggi di Mario Moretti avanti e indietro da Parigi e tante, tante altre stranezze che spingono il presidente della sesta e per ora ultima Commissione parlamentare, Giuseppe Fioroni, a parlare di «storia da riscrivere in molti suoi capitoli». Dopo 40 anni, cinque processi, due dei quali unificati, sei Commissioni parlamentari d’inchiesta, un labirinto infinito di sentenze, di condanne, di ipotesi, di dubbi, di sorprese, di conferme.

Ma i risvolti parziali, le tessere mancanti del mosaico, le incongruenze, i presupposti storici e politici, sono tutta roba in certo senso secondaria; prima di tutto il resto, oltre tutto il resto, perdura la madre di tutte le domande: perché proprio Moro? Per dire perché lo tolsero di mezzo, in quel modo contorto, all’apparenza inaspettato «improvvisamente, quando si profilava qualche esile speranza, giunge incomprensibilmente l’ordine di esecuzione», per usare le parole del prigioniero, quasi incredulo, nell’ultima lettera alla moglie. Cinquantacinque giorni di stallo, con decine di migliaia di poliziotti, di carabinieri, di militari della finanza, dell’esercito, della marina, dell’aeronautica, con l’intromissione dei servizi segreti, non cavavano il classico ragno dal buco.

QUELLE RIVELAZIONI SU GLADIO. Cinquantacinque giorni nei quali succedeva di tutto, falsi comunicati, falsi annunci della morte dell’ostaggio «mediante suicidio», maneggi della massoneria piduista e della banda della Magliana, covi platealmente scoperchiati, messaggi clamorosi, contraddizioni dei brigatisti che passano con disinvoltura da un comunicato in cui si ribadisce che «nulla verrà tenuto nascosto al popolo» alla affermazione impune secondo cui «il prigioniero non ha rivelato cose di cui il popolo non fosse già al corrente». E invece ha appena parlato di Gladio, del ruolo di Cossiga e di Andreotti, di retroscena democristiani potenzialmente esplosivi, censurati dai carcerieri e poi fatti sparire anche dai reperti.

C’è un ex senatore comunista, Sergio Flamigni, oggi 93enne, che in trent’anni ha scritto una sequela di libri in cui demolisce le false verità concordate fra Stato ed eversione: sul numero dei partecipanti all’operazione di via Fani, su quello dei carcerieri di Moro, sulle circostanze della prigionia, sulle omissioni e le compromissioni di Stato, sui memoriali di comodo come quello di Valerio Morucci che a suo modo è emblematico di una storia che a tutti i costi non si vuole risolvere. Documento dalla gestazione torbida, scritto insieme al giornalista della destra Dc Remigio Cavedon, veicolato da una religiosa carceraria, suor Teresilla Barillà, con funzioni di raccordo tra brigatisti detenuti e settori della Democrazia cristiana, fino al presidente della Repubblica Francesco Cossiga.

FLAMIGNI E LA «RICOSTRUZIONE ADDOMESTICATA». Secondo Flamigni, il memoriale (architrave della sentenza-ordinanza del giudice Rosario Priore in esito del processo Moro-quater) s’incarica di offrire una ricostruzione addomesticata sull’intero affaire Moro, tale da soddisfare tutti e utile ad accelerare il corso dell’amnistia di fatto per i brigatisti coinvolti, che infatti otterranno i rispettivi vantaggi, non solo in termini di liberazione precoce, ma anche di reinserimento sociale e addirittura di notorietà mediatica remunerata. O, come diceva il giornalista-spione Mino Pecorelli prima d’essere a sua volta eliminato: «Verrà un’amnistia a tutto lavare, tutto obliare». E che sia «una versione che fa acqua da tutte le parti», quella ufficiale o meglio ufficializzata, non lo dice solo Flamigni, lo dice uno di loro, il brigatista Raimondo Etro, forse l’unico ad essersi totalmente staccato, ad aver ripensato integralmente la propria parabola, senza se e senza ma. È lo stesso che, quando parla di Moretti, lo indica così: «Il cosiddetto capo Mario Moretti».

Tanti perché all’interno di un perché più grande, che tutti li lega e tutti li copre. L’ex parlamentare del Pd Gero Grassi, intervistato dalla Rai, si dice convinto che via Montalcini non fu la prigione di Moro, almeno non l’unica, e che la prima, probabilmente, stava in via Massimi, lungo l’astruso tragitto dei terroristi che lo avevano sequestrato in via Fani: e un’azione così, di altissima tecnica militare, non la fa un pugno di pistoleri improvvisati, non la mettono insieme i rivoluzionari della domenica Morucci, Gallinari, Bonisoli e Fiore, con la regia di Moretti e la copertura di Loiacono e Casimirri, entrambi fatti filare via dall’Italia ad opera dei Servizi.

L’AFFOLLAMENTO INSPIEGABILE DI VIA FANI. Poi si saprà che in via Fani c’era una folla, in parte incomprensibile agli stessi brigatisti. C’erano mezzi, una moto con un autista e un passeggero che scarica una raffica di mitra contro uno che non c’entra niente, mancandolo per poco. C’era un benzinaio esperto di armi da fuoco, un fotografo i cui rullini subito spariscono, ci sono tecnici della Sip controllata dalla P2, c’è un colonnello dei Servizi, Camillo Guglielmi, che è lì perché doveva «andare a pranzo da un amico» alle 9 di mattina. Ci sono macchine che ostruiscono le manovre e consentono l’agguato, veicoli che spariscono e si ritrovano poche ore dopo, in via Licino Calvo, lungo la strada di fuga dei terroristi. Ci sono un sacco di circostanze che non ci sono, non tornano, non si spiegano. Dopodiché, l’insurrezione popolare sulla quale contano le Br, e forse non solo loro, non arriva: nelle fabbriche si brinda, nelle scuole e nelle università si viene colti «da una insana e febbrile eccitazione», come ricorda Nando Dalla Chiesa: ma sono, tutto sommato, minoranze, la base è incredula, non capisce e non vuole capire. Ma perché, qualcuno sano di mente poteva davvero aspettarsi un esito del genere, la guerra di popolo con Moro prigioniero?

La gestione del sequestro è complicata, inquinata, gli scenari mutano, obbligano a sacrificare l’ostaggio. E allora perché non dirlo chiaro, perché continuare a mentire anche su questo, perfino sulle circostanze dell’uccisione, i racconti di Maccari e Moretti completamente divergenti, sulla responsabilità dell’esecuzione, perfino sui fazzolettini infilati nel corpo agonizzante della vittima per tamponare il sangue? Moro come il primo Dc che capitava, il più facile da colpire? O capro espiatorio, agnello sacrificale per caso, imposto dagli eventi, dalle manovre di Stato, anti-Stato, forze esterne che confondono gli stessi brigatisti, li chiudono all’angolo? Perché lui quella mattina stava andando a riscuotere la fiducia del primo governo “di solidarietà nazionale” col sostegno del Pci, cosa che a quei leninisti delle Br pareva intollerabile come lo è sempre il riformismo nelle sfuriate rivoluzionarie da Terza Internazionale? Perché Moro era un progressista, uno che diceva «io temo la crisi» e in Italia una crisi c’è sempre ed è buona da soffiarci sopra, buona per eccitare gli animi, chiamarli a insurrezione mentre lui seguiva la strada dei tempi lunghi, delle riforme prudenti ma costanti, di concerto all’altro partito di massa, i comunisti ai quali non voleva lasciare il monopolio rappresentativo delle masse popolari? Perché era uno stratega mite e insidioso, deciso a inglobare la sinistra nella tradizione cattolica, ma anche capace di ribadire di fronte alle pretese clericali il ruolo laico del suo partito?

DOPO L’OMICIDIO LA SINISTRA SI CALCIFICA. Sì, tutto è possibile, tutto si può dire, ma messe così, lasciate così, sono tutte ricostruzioni aleatorie, suggestive. Che non risolvono la doppia questione, perché lui e perché ucciderlo anziché rilasciarlo, diffondere le sue memorie, i segreti anche traumatici che andava rivelando, che minacciava di rendere pubblici una volta rivelato. Dopo via Fani la politica italiana si calcifica, i comunisti perdono il treno governativo per quasi un ventennio, dovrà cadere il Muro, sorgere Tangentopoli, il biennio infuocato 1992-94, con Berlusconi a rimescolare tutto, per riaprire alla sinistra, nel frattempo post comunista, le porte del Palazzo. Oggi via Fani è una commemorazione, cappottini primaverili impettiti, corone di fiori lasciate sul posto dove mani stupide, probabilmente acerbe, hanno tracciato svastiche. Mentre un’altra commissione mette insieme nuovi tasselli, nuove incongruenze, nuove omertà e conclude nel segno del fatalismo: «Quella di Moro è una storia ancora da riscrivere in diversi capitoli». Dopo 40 anni. Alla domanda sul perché sia stato ucciso, su chi aveva interesse a levarlo di mezzo, si vanno opponendo risposte pleonastiche, che chiudono i conti senza spiegarli: «Moro è stato fatto fuori perché lo volevano morto, perché c’era una guerra, perché è toccato a lui». Perché sì.

 

tratto da: https://www.lettera43.it/it/articoli/politica/2018/03/16/aldo-moro-brigate-rosse-rapimento-via-fani-via-caetani-dubbi-misteri/218664/

Boschi: “Ho promesso di ritirarmi dalla politica e poi non l’ho fatto? Non mi sembra così grave” …Ed è questa la cosa più grave: prendono per il c… la gente, ma non se ne vergognano nemmeno più!

 

Boschi

 

 

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Boschi: “Ho promesso di ritirarmi dalla politica e poi non l’ho fatto? Non mi sembra così grave” …Ed è questa la cosa più grave: prendono per il c… la gente, ma non se ne vergognano nemmeno più!

 

Boschi: ‘Ho promesso di ritirarmi dalla politica e poi non l’ho fatto? Non mi sembra così grave’

“Col senno di poi ho sbagliato. Ma l’ho detto perché credevo in quella battaglia. Se c’è ancora qualcuno che a 35 anni fa politica con passione, e magari si lascia scappare una frase per un eccesso di entusiasmo, non mi sembra così grave.”

Così l’ex ministro delle Riforme costituzionali, Maria Elena Boschi rispondendo ad una domanda del Corriere della Sera sulla critica che le si rivolge dopo la sconfitta del referendum al 2016, ovvero che aveva promesso di ritirarsi ma poi non l’ha fatto.

Quanto al suo impegno politico, Boschi ha detto: “Credo che quello che ho fatto io, nel bene o nel male, sia stato accettato con più fatica che non se l’avesse fatto un uomo.”

“Nonostante gli enormi passi in avanti non riusciamo ancora ad accettare che le donne, a maggior ragione se giovani, possano avere dei ruoli in cui si gestisce il potere. E io li ho avuti” – ha aggiunto – “Non siamo ancora davvero abituati in politica e neanche in altri settori.”

In riferimento agli eventuali errori commessi dal Pd e da Renzi, l’ex ministro ha risposto così: “Se abbiamo sbagliato, abbiamo sbagliato tutti perché abbiamo condiviso con lui le scelte in Consiglio dei ministri e nel Pd”.

E ancora: “Forse abbiamo voluto affrontare in una sola volta, tutte insieme, troppe riforme. Ma non penso che ci fosse un altro modo per cambiare il Paese dopo 20 anni di scelte rinviate”

“Sul piano politico non abbiamo capito che il voto sul referendum sarebbe stato un voto politico” – ha sottolineato – “E poi non siamo stati capaci di comunicare quello che facevamo in modo efficace, forse.”

Rispondendo ad una domanda su chi debba essere il nuovo segretario, l’esponente dem ha affermato: “Il nuovo segretario o la nuova segreteria dovrà riuscire a riaccendere un sogno. Io voterò qualcuno che non rinneghi quello che abbiamo realizzato in questi anni.”

tratto da: https://www.silenziefalsita.it/2018/09/20/boschi-ho-promesso-di-ritirarmi-dalla-politica-e-poi-non-lho-fatto-non-mi-sembra-cosi-grave/

Vi avanza un vaffa? “…Nessuno tocchi la legge Fornero”. Ce lo hanno intimato quelli dell’OCSE. Sì quelli dell’OCSE, insomma, quelli che vanno in pensione a 51 anni!

 

OCSE

 

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Vi avanza un vaffa? “…Nessuno tocchi la legge Fornero”.  Ce lo hanno intimato quelli dell’OCSE. Sì quelli dell’OCSE, insomma, quelli che vanno in pensione a 51 anni!

 

I FURBETTI DELL’OCSE: FORNERO PER NOI, PENSIONE A 51 ANNI PER LORO

Ieri la NeoEconomista Capa dell’OCSE Laurence Boone, ex consigliera economica del presidente francese socialista François Hollande, ha fatto un clamorosa invasione di campo chiedendo al governo italiano di “non disfare la legge Fornero”. Dunque la signora vuole pensione a 67 anni per noi, con età indicizzata all’aspettativa di vita, e trattamento calcolato col metodo contributivo.

Come facemmo in passato per BCE, UE e FMI andiamo a vedere le regole pensionistiche dei dipendenti dell’OCSE, pagati *anche* dai contribuenti italiani, ricordiamolo.

Qui la pagina dal loro sito con tutti i (generosi) benefit:

http://www.oecd.org/careers/salariesandbenefits.htm

Qui la parte pensionistica:

In sintesi:

  • Età minima di pensionamento senza penalizzazione: 63 anni 
  • Età massima di pensionamento: 65 anni
  • Trattamento contributivo, coefficiente 2% annuo, calcolato sull’ultimo anno di salario (!!!)
  • Età minima per la pensione anticipata con penalizzazione: 51 anni
  • Versamenti a carico del dipendente uguali a quelli italiani: 9,30% contro 9,20%.

Avete letto bene: i dipendenti OCSE possono andare in pensione a 63 anni con 35 anni di contributi e col massimo pensionistico: hanno quota 98 loro, alla faccia di Salvini e della sua quota 100! E con gli stessi versamenti dei lavoratori italiani, per giunta.

Se poi accettano una penalizzazione possono allegramente pensionarsi a 51 anni e fare altro nei restanti 30 o 40 di vita. Sempre a spese nostre ovviamente. Come si diceva un tempo, predicare bene e razzolare male?

Chère M.me Boone, vous appréciez autant la loi Fornero avec son âge de retraite de 67 ans, mais saviez vous que chez l’OECD les employés (y compris M.me Boone) peuvent prendre leur retraite dejà à 51 ans? Sympa pour eux (et vous), n’est-ce pas?

fonte: http://www.stopeuro.news/i-furbetti-dellocse-fornero-per-noi-pensione-a-51-anni-per-loro/

Roma – Per la prima volta nella storia i conti di Atac tornano in positivo. Di ben 5,2 milioni. Forse è per questo che ultimamente non si è sentito parlare della Raggi…

 

Atac

 

 

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Roma – Per la prima volta nella storia i conti di Atac tornano in positivo. Di ben 5,2 milioni. Forse è per questo che ultimamente non si è sentito parlare della Raggi…

 

“La cura di risanamento dell’azienda pubblica di trasporti di Roma sta iniziando a dare i primi risultati.”

Così Virginia Raggi in un post pubblicato sul Blog delle Stelle nel quale dichiara che “l’Atac ha registrato un risultato netto a giugno pari a 5,2 milioni di euro, con ricavi in progressivo aumento.”

Se due anni fa c’era “una società praticamente fallita con un miliardo e trecento milioni di debiti, un parco autobus con un’età media di oltre 12 anni e un servizio insufficiente”, oggi i cittadini possono vedere dei cambiamenti concreti nella riduzione dei tempi di attesa alle fermate “grazie all’arrivo dei nuovi bus che abbiamo acquistato” sottolinea la Raggi.

“Non ci siamo arresi e ci siamo rimboccati le maniche – scrive – nella convinzione che un’azienda pubblica, se gestita correttamente, può fare bene. Prima facevano debiti e assumevano i ‘parenti’; noi risaniamo i bilanci.”

Ma le buone notizie non sono finite: “le vendite dei biglietti sono in forte crescita e sono partite nuove gare per la manutenzione dei mezzi. Questa è l’immagine di un’azienda sana da contrapporre a quella di un bus in fiamme che rappresenta il passato di Atac” afferma la sindaca.

E conclude dicendo: “Siamo ripartiti nel solco della legalità e della trasparenza per arrivare a risultati tangibili per le persone. Senza conti in ordine non si può avere un servizio efficiente. Siamo sulla strada giusta.”

Nel corso di una conferenza stampa, la prima cittadina della capitale ha anche detto che forse per i cittadini questi risultati sono pochi, ma può assicurare loro che si faranno ulteriori passi in avanti, perché “stanno mettendo in campo tutte quelle azioni che già a partire dai primi mesi del prossimo anno si tradurranno in un miglioramento del servizio visibile anche ai cittadini”.

Rinnova poi l’invito a dare loro quella fiducia che ha portato questi risultati.

 

fonte: https://www.silenziefalsita.it/2018/09/19/roma-raggi-per-la-prima-volta-nella-storia-i-conti-di-atac-tornano-in-positivo/

Dal Codacons il plauso al Governo per la sua lotta alle pensioni d’oro – Quelle superiori ai 3000 euro mensili costano alla collettività circa 30 miliardi di euro all’anno, e rappresentano una grave forma di disuguaglianza economica e sociale

 

pensioni d'oro

 

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Dal Codacons il plauso al Governo per la sua lotta alle pensioni d’oro – Quelle superiori ai 3000 euro mensili costano alla collettività circa 30 miliardi di euro all’anno, e rappresentano una grave forma di disuguaglianza economica e sociale

PENSIONI D’ORO: M5S RILANCIA, TAGLI SOPRA 4.500 EURO

CODACONS: PENSIONI D’ORO COSTANO 30 MILIARDI DI EURO ALL’ANNO

IN ITALIA 1 MILIONE LE PENSIONI CHE SUPERANO I 3000 EURO AL MESE, MENTRE 1,68 MILIONI SONO LE PENSIONI INFERIORI A 500 EURO MENSILI

Le pensioni d’oro superiori ai 3000 euro mensili costano alla collettività circa 30 miliardi di euro all’anno, e rappresentano una grave forma di disuguaglianza economica e sociale. Lo afferma il Codacons, commentando la proposta del M5S di intervenire sulle pensioni più alte.
Confrontando gli ultimi dati Istat e Inps si scopre che nel nostro paese sono poco più di un milione (il 6,8% del totale) le pensioni d’oro superiori ai 3000 euro mensili, per un controvalore che sfiora i 30 miliardi di euro annui – spiega il Codacons – Se da un lato c’è chi può contare su pensioni di lusso, dall’altro ci sono 1,68 milioni di pensionati con un assegno che non raggiunge i 500 euro mensili (10,8% del totale) e che fanno la fame non potendo contare su un reddito dignitoso.
“Per questo riteniamo corretta la decisione di intervenire sulle pensioni più alte ed eliminare le gravi disuguaglianze che pesano sulla collettività – afferma il presidente Carlo Rienzi – Una misura tuttavia estremamente difficile da attuare nel nostro paese, considerato che si tratta di diritti già acquisiti”.

tratto da: https://codacons.it/pensioni-doro-m5s-rilancia-tagli-sopra-4-500-euro/

Incredibile ma vero: la mostra “Razzismo in cattedra” sulle leggi razziali fasciste organizzata da studenti di un Liceo di Trieste censurata dal sindaco fascista!!

 

leggi razziali

 

 

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Incredibile ma vero: la mostra “Razzismo in cattedra” sulle leggi razziali fasciste organizzata da studenti di un Liceo di Trieste censurata dal sindaco fascista!!

 

Leggi razziali, a Trieste la mostra degli studenti del Petrarca censurata dal sindaco

La mostra “Razzismo in cattedra” sulle leggi razziali promulgate dal fascismo a cura degli studenti del Liceo Petrarca di Trieste è sembrata a tutti lodevole, finché non è apparsa la locandina che rappresenta la prima pagina del giornale quotidiano Piccolo del 3 Settembre 1938, censurata dal sindaco di centrodestra della città friulana.

Una mostra sulle leggi razziali a 80 anni esatti dal loro promulgazione in epoca fascista. L’idea della mostra “Razzismo in cattedra”, volta a commemorare uno dei periodi più bui della nostra storia, è degli studenti del Liceo Petrarca di Trieste in collaborazione con lo stesso Comune del capoluogo giuliano, il Museo della Comunità Ebraica e l’Archivio di Stato. L’iniziativa è sembrata a tutti lodevole, fino a quando non è comparsa la locandina della discordia, una locandina che è un pugno allo stomaco e che rappresenta la prima pagina del giornale quotidiano Piccolo del 3 Settembre 1938.

La pagina del giornale selezionata dagli studenti titola “Completa eliminazione dalla scuola fascista degli insegnanti e degli alunni ebrei” indica quando la legge diventa effettiva, il momento in cui tutti gli studenti e gli insegnanti ebrei sono stati cacciati dalla scuola. Il manifesto ci riporta a ricordare i nefasti avvenimenti avvenuti qualche mese prima.  Il 14 luglio 1938 è il  giorno in cui è stato firmato da illustri scienziati dell’epoca il vergognoso Manifesto della Razza. Al titolo granitico sul manifesto è stato accostato in un collage il viso pulito di tre giovani ragazze, che sorridono candidamente.

Il primo a manifestare un disaccordo è stato l’Assessore triestino Giorgio Rossi il quale ha chiesto delle modifiche alla locandina. L’assessore è stato sostenuto dal vicesindaco e dal sindaco Roberto Di Piazza di coalizione del centrodestra che ha giudicato la locandina troppo “forte”. Nel dibattito sono intervenuti anche i consiglieri comunali pentastellati i quali hanno commentato come “sconcertante” il tentativo di censura da parte dell’assessore. La polemica si sta svolgendo a ridosso delle celebrazioni di oggi, 18 settembre, che proprio nella città triestine ricordano l’annuncio di Mussolini relativamente al contenuto delle leggi razziali che saranno poi promulgate a novembre del 1938.

Intanto la direttrice dell’istituto Cesira Militello ha sospeso i lavori e la mostra non è stata inaugurata. Ora il liceo è di nuovo alla ricerca di una sede dove il proprio evento non verrà censurato, ma il dibattito è appena aperto.

fonte: https://www.fanpage.it/leggi-razziali-a-trieste-la-mostra-degli-studenti-del-petrarca-censurata-dal-sindaco/
http://www.fanpage.it/

…E lo scrittore Gianfranco Carpeoro non ci sta: “…il Lussemburgo, fogna d’Europa, accusa l’Italia e Salvini…?”

 

Carpeoro

 

 

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…E lo scrittore Gianfranco Carpeoro non ci sta: “…il Lussemburgo, fogna d’Europa, accusa l’Italia e Salvini…?”

 

Si vergogni, il ministro del Lussembugo che osa insultare Matteo Salvini e, con lui, tutti gli italiani: il Granducato è il peggior paese d’Europa. Il ministro degli esteri Jean Asselborn? «E’ veramente uno dei personaggi più volgari e più idioti che io abbia mai visto: spero che mi quereli, perché dovrebbe farlo davanti a un giudice italiano, e lo voglio vedere un giudice italiano che mi condanna di fronte a questo personaggio». Parola di Gianfranco Carpeoro, in diretta web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”, all’indomani delle esternazioni dell’esponente del governo lussemburghese al summit europeo di Vienna. «In Lussemburgo – ha detto Asselborn – avevamo migliaia di italiani che sono venuti a lavorare da noi, erano migranti che guadagnavano i soldi affinché ne poteste avere per i vostri figli». Poi l’elegante chiosa finale («merda!»), pronunciata sbattendo il microfono, in perfetta consonanza con l’aggettivo “vomitevole” con cui il portavoce di Macron ha definito la politica italiana sui migranti. Carpeoro protesta: «Peggio ancora se l’insulto di Asselborn non era riferito a Salvini: vuol dire che era indirizzato a tutti gli italiani». Che hanno sì lavorato come immigrati nel Granducato, arricchendolo, ma mai quanto i maxi-evasori fiscali, anche italiani, di cui il Lussembugo è stato un sontuoso rifugio.

«Il Lussembugo è lo Stato più volgare dell’Unione Europea», dice Carpeoro, senza giri di parole. «E’ il paradiso fiscale dove finiscono tutte le porcherie». Ne sa qualcosa lo stesso presidente della Commissione Europea, il lussemburghese Jean-Claude Juncker, che è stato «l’artefice delle porcherie fiscali più gravi e più importanti». Quindi, aggiunge Carpeoro, «non mi meraviglia se un ministro del Lussembugo dice che ci hanno dato loro i soldi per fare figli, in passato, perché erano i nostri soldi: hanno preso i soldi dai nostri evasori e poi, in qualche modo, li hanno un po’ riciclati». Tutti addosso a Salvini, oggi? Purché non ci si metta anche il Lussembugo, paese che farebbe meglio a tacere. Certo, aggiunge Carpeoro, sui migranti Salvini sta recitando una parte, come del resto lo stesso Trump. «A me le modalità di Salvini non piacciono», premette Carpeoro, che però aggiunge: «Il fatto che in questo momento si sia reso “nemico” di una serie di poteri e di espressioni del potere, per certi aspetti mi fa piacere». In altre parole: «Salvini fa quello che può, in un base a una situazione politica scardinata da una “sovragestione” che ha gestito crisi e risorse in maniera da metterla in ginocchio, l’Italia». Un establishment di cui anche l’élite dell’increscioso Lussembugo fa parte, anche se il suo ministro degli esteri ha la faccia tosta – attaccando Salvini – di insultare gli italiani come popolo.

Il Lussembugo, ricorda “Money.it”, è un piccolo paese di appena 550.000 abitanti, al confine con il Belgio, la Francia e la Germania. È a tutti gli effetti un paradiso fiscale, «perché applica una legislazione favorevole alle imprese, che permette alle società di risparmiare miliardi in tasse». Amazon, per esempio, ha la sua sede europea in Lussemburgo e trasferiva tutti i guadagni delle vendite realizzate in Europa attraverso il suo ufficio nel Lussemburgo. Banche e multinazionali: sono almeno 350 le società platenarie domiciliate fiscalmente nel Granducato: tra queste Abn Amro, Axa, Barclays, Bnp Paribas, Black & Decker, Carlyle e Citigroup. E poi Commerzbank, Credit Suisse e Deutsche Bank, FedEx, Gazprom, General Electric, Glaxo, Ikea. Ancora: Hsbc, Heinz, Jp Morgan e Pepsi, Procter & Gamble, Vodafone, Volkswagen, Walmart e Disney. Ben figurano anche marchi italiani come Banca Sella e Dolce e Gabbana, Finmeccanica, Intesa SanPaolo, Prada, Unicredit. Senza contare l’azienda più grande, Fiat-Chrysler, ora Fca. «Il trattamento fiscale ricevuto da Fiat in Lussemburgo grazie agli accordi sottoscritti nel 2012 con il Granducato – scriveva il “Fatto Quotidiano” nel 2016 – ha comportato un “vantaggio illegale”, riducendo di 20 volte l’utile imponibile». Per questo il gruppo automobilistico è stato chiamato a restituire «tra i 20 e i 30 milioni di euro», come stabilito dall’antitrust Ue.

Quanto a Juncker, che Carpeoro definisce “l’architetto” di questo colossale sistema di evasione fiscale, l’attuale capo dell’Ue – già al vertice della Banca Mondiale, del Fmi e dell’Eurogruppo – guidò proprio il Lussembugo per 18 anni, dopo aver fatto del Granducato un paese-cavia: Juncker, ricorda “Rete Voltaire”, è stato l’uomo che, per anni, ha messo illegalmente sotto sorveglianza i tre quinti dei suoi concittadini, spiati segretamente dallo Srel, l’intelligence lussemburghese. Per questo, accusato nel 2013 da una commissione d’inchiesta, fu costretto alle dimissioni. Storica pedina dei poteri forti, Juncker fu accusato, in patria, di aver fatto schedare migliaia di persone a loro insaputa, dopo aver coperto la strategia della tensione di marca Gladio, basata su attentati “false flag” realizzati in collaborazione con i servizi segreti tedeschi. Strategia accuratamente collaudata proprio in Lussembugo, prima ancora che in Italia, con attentati a industrie, aeroporti, giornali, tribunali e commissariati di polizia. Sciolta ufficialmente la Gladio nel 1990, aggiunge “Rete Voltaire”, i servizi segreti di Juncker avrebbero poi «continuato a spiare illegalmente singoli individui per motivi privati senza che ilpremier intervenisse». Il loro direttore operativo, inoltre, creò «una società d’intelligence economica, la Sandstone, utilizzando risorse statali».

Questo è il paese-modello dal quale il ministro Jean Asselborn dà lezioni a Matteo Salvini, ricordandogli che gli italiani “straccioni” dovrebbero dire grazie, in eterno, al generoso e nobile Lussembugo, il paradiso terrestre dei maggiori evasori fiscali. Un posto dove, secondo il giornale lussemburghese “Wort”, l’establishment politico tentò di fermare la magistratura che stava cercando di far luce sui sanguinosi attentati terroristici che avevano scosso il paese. Per zittire il giudice Robert Biever, che era giunto ad accusare direttamente il ministro della giustizia Luc Frieden di sabotare le indagini, fu scatenata una campagna di disinformazione e discredito, arrivando a incolpare il magistrato di turismo pedofilo in Thailandia. Gli oscuri attentati degli anni ‘80 contro l’innocuo Lussemburgo servivano a creare una tensione allarmante nella popolazione, al fine di far accettare leggi restrittive e un controllo totale su ogni singola persona, come afferma lo storico svizzero Daniel Ganser, che denuncia i contatti “coperti” tra l’intelligence lussemburghese e il Bnd, il servizio segreto della Germania. Legami storici: non a caso è stata Angela Merkel a piazzare Juncker a capo della Commissione Ue.

 

tratto da: http://www.libreidee.org/2018/09/carpeoro-il-lussemburgo-fogna-deuropa-accusa-salvini/

Martina attacca Di Maio e Salvini: “taglia del 10 per cento il fondo per i disabili” …Ma il taglio risale al governo Gentiloni. Tecnicamente si chiama “figura di merda storica”…!

 

Martina

 

 

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Martina attacca Di Maio e Salvini: “taglia del 10 per cento il fondo per i disabili” …Ma il taglio risale al governo Gentiloni. Tecnicamente si chiama “figura di merda storica”…!

“Il segretario Pd Martina attacca Matteo Salvini dicendo che il nostro governo ha tagliato un fondo per i disabili. In realtà a tagliare quei fondi è stato il governo Gentiloni, di cui Martina era ministro”.

Lo ha scritto su Facebook il ministro per la famiglia e le disabilità Lorenzo Fontana, il quale ha sottolineato che il governo Conte questi fondi vuole incrementarli. “Ormai non sanno più cosa inventarsi,” ha commentato, riferendosi al Partito Democratico.

Martina ha eliminato il post (pubblicato sul social network giovedì scorso), ma Fontana aveva già ottenuto lo screenshot, nel quale si legge:

“Salvini si è riempito la bocca con la creazione del ministero della Disabilità. Ora che fa col suo complice Di Maio? Taglia del 10% il fondo per i disabili stanziato con il ‘Dopo di noi’. Ignobile. Il governo provveda subito al ripristino dei 10 milioni tagliati senza dare spiegazioni”.

Sulla questione non è intervenuto soltanto Martina, ma anche altri esponenti dem.

L’ex deputata Pd Ileana Argentin, prima firmataria della legge sul ‘Dopo di noi’, con cui è stato stanziato il fondo per i disabili, ha dichiarato:

“È una vergogna. Dopo anni di lotte e battaglie per garantire il ‘lusso’ di morire ai genitori dei disabili gravi, oggi senza spiegazioni e con una passata di spugna si abbandonano i più deboli. Questo comportamento è ignobile e i giallo-verdi sono senza coscienza, altro che ministero della Disabilità”.

E Pietro Barbieri, responsabile Welfare e Terzo settore del Pd, ha affermato che quella del governo gialloverde è “una decisione che dopo anni di lotte, riporta indietro il Paese, lasciando di nuovo le famiglie di fronte all’istituzionalizzazione del proprio figlio”.

“Quelle persone – ha aggiunto Barbieri – che a parole, ma solo a parole, il governo dice di voler aiutare. Questo è il primo atto sulla disabilità del Governo che ha istituito un ministero ad hoc”.