E tre! Il Babbo dell’ex Ministro si becca la terza multa dalla Consob. Il conto finale per Pier Luigi Boschi sarà di 390mila Euro. Alla faccia della persona perbene!

 

Pier Luigi Boschi

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E tre! Il Babbo dell’ex Ministro si becca la terza multa dalla Consob. Il conto finale per Pier Luigi Boschi sarà di 390mila Euro. Alla faccia della persona perbene!

È arrivata la conferma del Triplete realizzato da Pier Luigi Boschi, il babbo del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Maria Elena.

Nei mesi scorsi aveva ricevuto due multe dalla Banca d’ Italia per le decisioni prese dalla Popolare dell’ Etruria quando era nel cda della stessa, prima come consigliere (agosto 2012- maggio 2014) e poi, tra il 4 maggio 2014 e il 31 dicembre 2014, in veste di vicepresidente. Ora gli sono state notificate le sanzioni, già ampiamente annunciate, della Consob in tre diversi procedimenti, per un totale di 120.000 euro.

La Commissione per la Borsa guidata da Giuseppe Vegas ha comminato a 33 ex dirigenti multe per 2,66 milioni di euro, confermando quasi alla virgola le richieste dell’ ufficio sanzioni amministrative. I multati hanno fatto le loro controdeduzioni, ma queste non hanno sortito effetto.

Ieri, dopo la prima pagina del quotidiano La Repubblica che annunciava sanzioni molto più ridotte (per fare un esempio a Boschi attribuiva una multa da 40.000 euro), qualcuno degli ex massimi dirigenti aveva tirato un sospiro di sollievo.

La realtà è che il quotidiano romano ha fatto riferimento solo a uno dei tre filoni avviati da Consob, quello riguardante le carenze informative sulla reale situazione della Banca nella documentazione d’ offerta delle emissioni obbligazionarie, pubblicata nel periodo 2012-2014.

Per la vendita al buio delle famigerate subordinate sono stati puniti 23 ex dirigenti: i più penalizzati sono stati l’ ex presidente Giuseppe Fornasari e l’ ex direttore generale Luca Bronchi (70.000 euro per entrambi), poi 15 multe da 40.000 euro, compresa quella a Boschi senior e altre sei sanzioni tra i 35.000 euro e i 20.000. In tutto un conto da 910.000 euro. Che ieri aveva fatto titolare a Repubblica: «Ammende ridotte». Purtroppo per i diretti interessati, nonostante la magnanimità dei giornalisti del quotidiano romano, le riduzioni non sono arrivate.

Le multe più pesanti sono state assegnate per il mancato aggiornamento del profilo di rischio dei prodotti emessi dalla Banca (le obbligazioni) nonostante il progressivo peggioramento dei conti di Bpel, un’ accusa che ha coinvolto 33 dirigenti e che ha portato a sanzioni per 1.120.000 euro. In questo caso Boschi ha preso la sberla più pesante (50.000 euro) tra i tre schiaffoni che gli sono toccati.

Per le omissioni nel prospetto di offerta di azioni collegata all’ aumento di capitale effettuato tra giugno e luglio 2013 sono stati puniti in 17, per un conto complessivo di 630.000 euro: Boschi dovrà versarne 30.000, contro, per esempio, gli 80.000 dei soliti Fornasari e Bronchi.

Boschi, insieme con altri 3 colleghi, compreso l’ ex presidente Lorenzo Rosi, ha provato a contenere l’ esborso: essendo coinvolti, a loro dire, in tre diversi procedimenti sanzionatori relativi alla «medesima condotta attiva o omissiva» hanno chiesto l’ applicazione del cosiddetto «cumulo giuridico» e quindi di essere puniti una volta anziché tre. La Consob ha risposto picche, ravvisando «distinte condotte materiali accertate, peraltro, a seguito di istruttorie anch’ esse distinte».

Nel procedimento per la mancata riprofilazione del rischio, la Consob ha scritto che Boschi e gli altri dirigenti sono stati puniti per «la gravità obiettiva della violazione accertata, in relazione () alla diffusione delle conseguenze dannose, anche potenziali»; per «la gravità soggettiva delle condotte poste in essere» e per «la dimensione e perduranza nel tempo delle condotte scorrette poste in essere».

Tra i 33 amministratori puniti (tra cui gli ultimi due presidenti, gli ultimi due direttori generali e i consiglieri degli ultimi due cda), il più colpito è stato Bronchi (200.000 euro), secondo Fornasari (195.000), terzo l’ ex vicepresidente Giovanni Inghirami (135.000), quindi Boschi, l’ ex presidente Rosi e un altro vice, Alfredo Berni, con 120.000.

Boschi e altri due colleghi hanno denunciato di non aver «avuto accesso a tutti gli atti confluiti nel fascicolo del procedimento» e che per questo sarebbe stato «gravemente pregiudicato il diritto di difesa e costitui[rebbe] una palese violazione del dovere di trattare paritariamente tutti i soggetti incolpati, alcuni dei quali hanno in effetti ricevuto […

] tutti gli atti del procedimento nessuno escluso». La Consob anche in questo caso non ha accolto le doglianze.

Va detto che le sanzioni arrivano con enorme ritardo e colpiscono gli ex dirigenti di una banca che non esiste più. Lo stesso vertice era stato punito dalla Banca d’ Italia a ottobre 2015 (2,54 milioni; 144.000 a babbo Boschi) e a marzo 2016 (2,2 milioni; 130.000 per Pierluigi, la multa più alta di quella tornata) per un totale di 4,74 milioni. Che sommati alle sanzioni di Consob portano il conto a 7,4 milioni di euro. Alla fine Boschi senior dovrà pagare 390.000 euro.

Ieri, a parziale consolazione per l’ onusto (di sanzioni) genitore, l’ Ansa ha diffuso un’ agenzia con una notizia già nota e diffusa da tempo: la possibile prossima archiviazione del babbo di Maria Elena nell’ inchiesta penale su Banca Etruria. Uno zuccherino che forse non basterà ad addolcire la pillola per papà Boschi.

fonte: http://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/tripletta-babbo-boschi-padre-dell-rsquo-ex-ministro-becca-153935.htm

Ferdinando Imposimato senza peli sulla lingua sui vaccini obbligatori: riforma che mira solo al profitto delle industrie farmaceutiche a scapito della salute dei bambini, violando la Costituzione e la Convenzione sui Diritti dell’Uomo

 

Imposimato

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Ferdinando Imposimato senza peli sulla lingua sui vaccini obbligatori: riforma che mira solo al profitto delle industrie farmaceutiche a scapito della salute dei bambini, violando la Costituzione e la Convenzione sui Diritti dell’Uomo

Imposimato sui vaccini obbligatori: ecco le violazioni del Governo della Convenzione di Oviedo dei Diritti dell’Uomo
Lettera di Ferdinando Imposimato (Maddaloni9 aprile 1936): è un magistratopolitico e avvocato italiano, nonché presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione.

“Cari amici,
anzitutto esprimo, pur nel rispetto della carica, la mia indignazione per l’indifferenza mostrata dal Presidente della Repubblica di fronte alle molteplici violazioni della Costituzione da parte del Governo nella emanazione del decreto sui vaccini obbligatori, imposto da un Governo illegittimo espresso da un Parlamento Illegittimo, secondo la sentenza n 1 del 2014 della Consulta.

Violazioni che emergono implicitamente dalle decisioni della Consulta e della Corte Europea Diritti dell’Uomo, anche alla luce del reperimento dell’ordinamento italiano della Convenzione di Oviedo.
Il Parlamento, con una minoranza divenuta illegittima maggioranza, non poteva fare una riforma di questa portata , che mira al profitto delle industrie farmaceutiche a scapito della salute dei bambini e dei ragazzi fino a 16 anni, contro la volontà della stragrande maggioranza degli italiani.

Inoltre, contro le decisioni della Consulta, nessuna informazione è stata data dal Governo sui rischi alla salute e sui danni economici alle famiglie in caso di possibili reazioni avverse. Sono stati imposti medicinali e sieri che ancora oggi possiamo definire sperimentali e possono incidere negativamente sui bambini dal punto di vista organico , come è accaduto in migliaia di casi.

Ciò emerge dalla sentenza della Corte Costituzionale n 307 1990, relatore Aldo Corasaniti, secondo cui la legge impositiva di trattamento sanitario dà luogo al risarcimento del danno ex art 2043 cc se sia carente <<la comunicazione alla persona che vi è assoggettata o alle persone che siano tenute a prendere decisioni per essa, di adeguate notizie circa i rischi di lesione nonché delle particolari precauzioni che, allo stato della conoscenze scientifiche , siano rispettivamente verificabili e adottabili>>.

Al 31 dicembre 2016 le segnalazioni di reazioni avverse relative solo ai vaccini, con insorgenza nel 2014, sono state 8.873. Per quanto riguarda l’età, si possono considerare riferibili ad infra-sedicenni il 90% delle reazioni avverse. In generale, i dati relativi ai decessi e ai casi gravi, valutati sulla base della tipologia del vaccino, evidenziano 946 casi di reazioni avverse gravi relative ai vaccini indicati nel decreto.

Non basta: la tutela della salute rientra tra le materie di legislazione concorrente; lo stesso art 117 afferma che nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per determinare i principi fondamentali, riservati allo Stato; di conseguenza, sono le Regioni a dovere decidere la politica sanitaria.

In ciò condivido la decisione della Regione Veneta di impugnare il decreto sui vaccini davanti alla Consulta Laddove la competenza legislativa è stata demandata alle singole regioni (o a regioni e Stato), lo Stato non poteva arrogarsi il diritto di decidere in una materia concorrente non rispettando il potere legislativo concesso con la riforma del Titolo V alle regioni.

Meno che mai la politica sanitaria concorrente dello Stato consente il ricorso alla decretazione d’urgenza: la Corte Costituzionale si è espressa con la sentenza n. 22 del 2012, che sul punto è giurisprudenza tassativa e non derogabile.

La decretazione di urgenza significa violazione della Costituzione, salvo che esista uno stato di necessità. Ma la vaccinazione è un trattamento preventivo per persone sane, in quest’ambito non si configura lo stato di necessità, per il quale non occorre il consenso del paziente o del suo rappresentante legale.

La legge 29 luglio 2017 va contro la Convenzione di Oviedo adottata a Nizza, recepita in Italia con legge n. 145/2001. Essa ha stabilito il fondamentale principio dell’autodeterminazione in materia di salute.

E sancisce che il consenso libero e informato del paziente deve essere considerato prima di tutto come un fondamentale diritto del cittadino europeo , che riguarda il fondamentale diritto alla integrità della persona.

La convenzione afferma all’art 5 che <<un trattamento sanitario può essere praticato solo se la persona interessata abbia prestato il proprio consenso libero e informato. Tale persona riceve preliminarmente informazioni adeguate sulle finalità e sulla natura del trattamento nonché sulle sue conseguenze e i suoi rischi. La persona interessata può in qualsiasi momento revocare liberamente il proprio consenso >>.

Ed invece sui vaccini , fino ad oggi in Italia è mancata la informazione preventiva sui rischi cui va incontro il bambino o ragazzo, spesso di mali irreversibili. La stessa convenzione prevede all’art 28 che ciascuno stato firmatario , tra cui l’Italia, si impegna affinché siano oggetto di dibattito pubblico appropriato alla luce delle implicazioni mediche , sociali , economiche , etiche e giuridiche pertinenti di consultazioni appropriate>>.

Ma, come ha giustamente rilevato l’avvocato Michele Bonetti, vi è disparità di trattamento tra la scuola dell’infanzia e la scuola dell’obbligo sul versante della presentazione di idonea documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie imposte dall’art 1. Nel primo caso l’esibizione della documentazione è requisito di accesso , nel secondo caso, invece, no.

E così la mancata presentazione di idonea documentazione comporterà la sanzione della non iscrizione del bimbo o della bimba alla scuola della infanzia, mentre non comporterà il rifiuto , da parte del dirigente scolastico, dell’ammissione per l’alunno/a agli “altri gradi di istruzione “ scolastica, ovvero della scuola dell’obbligo, che come stabilisce l’art 34 Costituzione , è “ impartita per almeno otto anni” ed è “obbligatoria e gratuita”.

Infine il 9 luglio 2002, la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha precisato, in una decisione su un cittadino italiano, che <<la vaccinazione obbligatoria, essendo un trattamento medico non volontario , costituisce una ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata e familiare garantita dall’articolo 8 della Convenzione Europea>> ( affare Salvetti).

La Costituzione afferma che <<la potestà legislativa ( e quindi il decreto del Governo Gentiloni) è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali>>. Ed invece il Governo Gentiloni , votato da un Parlamento illegittimo ha disatteso anche l’art 117 della CostituzioneNoi ci batteremo per la difesa della Costituzione e della Convenzione di Oviedo (Europea dei diritti dell’Uomo). “

 

tratto da: http://www.radical-bio.com/2017/08/07/imposimato-sui-vaccini-obbligatori-ecco-le-violazioni-del-governo-della-convenzione-di-oviedo/

Ferie dei politici: 80 giorni all’anno! Oltre tutta una serie privilegi e trucchetti. La domanda sorge spontanea: ma quando cazzo lavorano?

 

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Ferie dei politici: 80 giorni all’anno! Oltre tutta una serie privilegi e trucchetti. La domanda sorge spontanea: ma quando cazzo lavorano?

Politici italiani tutti al mare, iniziano le ferie estive: quasi 40 giorni di Onorevole vacanza. Tutto fermo fino al 12 settembre. Bella la vita del parlamentare.

Ferie dei politici: Agosto parlamento mio non ti conosco

Ultimi giorni di “lavoro” alla Camera dei deputati che chiuderà serranda venerdì prossimo, 4 agosto, per riaprirli il 12 settembre: 39 giorni di stop. Il Senato, invece, chiude ancora prima, domani sera o al massimo giovedì mattina 3 agosto, per riprendere anch’esso martedì 12. La stessa cosa fanno gli europarlamentari: l’aula di Strasburgo chiude oggi, primo agosto, e riaprirà in seduta plenaria il 15 settembre.

Il politico in ferie tutto l’anno

Ma le ferie dei politici non si consumano solo in estate. Oltre alle vacanze estive, infatti, i nostri parlamentari onorano e santificano ogni festività. Nel 2017 il Palazzo della Casta è rimasto chiuso 18 giorni a Natale e 16 a Pasqua. Ovviamente aggiungiamoci pure qualche ponte comandato. Se poi contiamo anche gli altri giorni in cui l’Aula è rimasta inattiva, si può vedere come dall’inizio dell’anno l’assemblea di Montecitorio è rimasta ferma 82 giorni e quella di Palazzo Madama 77. Sembra un sogno e invece non lo è. Capito, italiani?

Parlamentari furbetti: Anche quando c’è da lavorare si danno malati

Dall’inizio dell’anno i deputati hanno lavorato una media di 4,4 ore al giorno, mentre i senatori 2,5. Questo naturalmente se diamo per scontato che deputati e senatori siano stati tutti presenti a ogni seduta, fatto che non accade mai. A Montecitorio, infatti, la media delle assenze durante i lavori d’aula è il 21,7%, in Senato invece è del 17,5. Le ferie dei politici sono come i rotoloni Regina, non finiscono mai.

Ma quando lavorano i nostri politici?

Non c’è crisi che tenga, il politico alle ferie non può rinunciare. Del resto, l’Italia ha piccoli problemi. Tutto può aspettare, fa troppo caldo per lavorare. Una vergogna italiana che si ripete ogni anno.

Buone vacanze Onorevoli. Per una volta andate in ferie e non tornate mai più.

Gianni Minà: “Il problema non è Maduro, il problema è il petrolio del Venezuela che gli Usa vogliono”

Gianni Minà

 

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Gianni Minà: “Il problema non è Maduro, il problema è il petrolio del Venezuela che gli Usa vogliono”

 

Il più grande conoscitore dell’America Latina in Italia: “Io ce li ho questi dati e dicono che di morti ammazzati l’opposizione ne ha fatti molti più del governo. Intellettuali e combattenti come l’argentino Adolfo Pèrez Esquivel (premio Nobel per la Pace nel 1980) o il brasiliano Frei Beto hanno espresso solidarietà a Maduro: sono forse amici dei criminali? C’è un bel pezzo di propaganda”.

 
Chi oggi con il massacro mediatico in corso contro il Venezuela non vorrebbe intervistare l’indiscusso massimo conoscitore dell’America Latina in Italia? Tutti, chiaramente.

Succede che il Corriere della Sera abbia lo scoop. E Fabrizio Caccia intervista Gianni Minà.

Voi, a questo punto, direte: darà il Caccia il massimo risalto alle parole di chi come nessuno conosce quelle terre, la loro storia politica, le loro popolazioni?

Non proprio. L’operazione è questa. Nel titolo e nel sottotitolo neanche si capisce che sia un’intervista a Minà e continua l’operazione di propaganda oltre la vergogna di questi giorni.

Invece di dare risalto alle parole di Gianni Minà e alla sua intervista, il Caccia preferisce dare massimo riferimento ad un appello lanciato pensate da niente meno che…. Rossana Miranda. Vi domanderete chi è Rossana Miranda per finire citata nel Corriere della Sera? Non riusciamo neanche noi a sciogliervi questo dubbio amletico, possiamo solo segnalarvi che da mesi fa propaganda contro il governo venezuelano attraverso un portale italiano, Formiche, e un giornale della destra venezuelana, El Universal.

Siamo arrivati al punto che il Corriere della Sera debba fare propaganda attraverso Formiche?

Si, signori miei, siamo proprio arrivati a questo punto.

Ma torniamo a Gianni Minà. Lo scoop di Caccia viene presentato senza un’introduzione, senza niente, addirittura si ha oggettiva difficoltà a capire che sia un’intervista sui fatti di adesso.

Abbiamo ascoltato telefonicamente Minà che ci ha confermato che si tratta solo di una minima parte delle sue parole. Ma non importa tanto questo, quel che rileva è riportare per intero le parole riprese da Caccia: «Il problema non è Maduro, il problema è il petrolio del Venezuela, che gli Stati Uniti vogliono”. E ancora: «Bisogna avere in mano i dati dei morti, prima di parlare. Io ce li ho questi dati e dicono che di morti ammazzati l’opposizione ne ha fatti molti più del governo. Intellettuali e combattenti come l’argentino Adolfo Pèrez Esquivel (premio Nobel per la Pace nel 1980) o il brasiliano Frei Beto hanno espresso solidarietà a Maduro: sono forse amici dei criminali? C’è un bel pezzo di propaganda dietro alla storia che Maduro affami il popolo. Il chavismo ha vinto, altroché! Oggi l’esperienza bolivariana ha pure un canale televisivo (TeleSur) e una banca intercontinentale…».

Parole che si perdono nel testo del Caccia tra l’appello di Rossanda, la solita propaganda interna e Paolo Cento. Si avete capito bene. Paolo Cento. Ora mettere nella stessa intervista sull’America Latina Gianni Minà e Paolo Cento, è come mettere nello stesso campo di calcio Diego Armando Maradona e Egidio Calloni o Van Basten e Luther Blissett.

Miracoli della propaganda.

E poi mentre Gianni Minà cita un Premio Nobel del calibro di Esquivel e un gigante come Frei Betto – torturati e arrestati dalle vere dittature dell’America Latina che piacevano tanto a quello stesso occidente che oggi non a caso combatte il governo venezuelano – Paolo Cento invita a fare chiarezza sui fatti di Caracas «già quest’estate nelle feste dell’Unità, di Sinistra Italiana, Articolo 1».  Ora mettere insieme nella stessa intervista Esquivel e Betto con le attuali feste dell’Unità è più o meno come mettere sullo stesso palco i Pink Floyd con Giggione.

Ma per fortuna vostra in questo disastrato mondo dell’informazione italiana avete l’AntiDiplomatico che, nel titolo, nel sottotitolo e nella foto, rende giustizia ad un gigante tra lillipuziani della professione, Gianni Minà.

P.s. Il Frei Beto citato dal Caccia in realtà è Frei Betto,  Teologo della liberazione brasiliano, imprigionato e torturato nel 1969 dalla dittatura militare brasiliana per il suo impegno politico. Ma questo, probabilmente, il Caccia non lo sa.

Alessandro Bianchi

tratto da: http://www.lantidiplomatico.it/dettnews-gianni_min_il_problema_non__maduro_il_problema__il_petrolio_del_venezuela_che_gli_usa_vogliono/6_21103/

Ancora una notizia che i Tg hanno “dimenticato” di dare: Il Ddl Concorrenza approvato con la fiducia? È solo un colpo di mano del Governo per fare un regalo alle aziende amiche, ai danni della Gente.

Ddl Concorrenza

 

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Ancora una notizia che i Tg hanno “dimenticato” di dare: Il Ddl Concorrenza approvato con la fiducia? È solo un colpo di mano del Governo per fare un regalo alle aziende amiche, ai danni della Gente.

Da Il Salvagente:
Ddl Concorrenza, colpo di mano del governo e regalo alle aziende

Il governo, con un colpo di mano dopo mesi di rinvii, ha posto per oggi al Senato la questione di fiduciasul maxiemendamento al Ddl Concorrenza che ricalca il testo uscito dalla Commissione Industria. Poche norme a favore dei cittadini (qualche timido segnale per la Rc-auto ma insufficiente per far abbassare le tariffe) e tante “norme Pro-Aziende“, attaccano duri Federconsumatori e Adusbef, a cominciare dalla fine del sistema della maggiore tutela (amministrata dall’Aeegsi) nel settore elettrico con la “deportazione” di milioni di utenti nel mercato libero più oneroso per i consumatori.

Ecco cosa abbiamo scritto nell’editoriale che trovate nel numero in edicola:

“Non sono bastate le critiche e le proteste dei consumatori. Il governo non intende fare retromarcia e va avanti come nulla fosse. E il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda non molla nell’obiettivo di far approvare il disegno di legge concorrenza. Unico segnale (assolutamente insufficiente, lo diciamo subito) è lo slittamento di un anno della fine del mercato tutelato dell’energia. Il Salvagente lo ha scritto da subito: una delle parti più scandalose di quella che sarebbe stato meglio chiamare la legge delle lobby è la deportazione (ci perdonerete il termine forte) di 24 milioni di utenti verso il mercato liberodell’elettricità. Un regalo per i big, soprattutto quei tre o quattro che possono disporre di milioni di contratti (nel mercato tutelato), e una stangata inevitabile per i consumatori.

I dati non ammettono illusioni: già oggi i clienti che hanno avuto la sfortuna (o sono stati convinti con l’inganno) di passare al mercato libero si trovano a spendere di più di quelli rimasti nel tutelato, tanto nel settore elettrico (+16,7%) che in quello del gas (+7,9%). E sono numeri dell’Autorità per l’energia, non nostri. Così come sono provvedimenti delle Authority le tante, troppe condanne per un sistema di vendita di contratti che assai spesso rasenta il reato penale di raggiro e truffa. E che di certo non accenna a diventare più sano, come possono testimoniare tutti coloro che hanno avuto l’esperienza di essere trasferiti da un fornitore all’altro senza che lo chiedessero.

Se così stanno le cose, perché dovremmo aspettarci che da giugno 2019 (è questa la data fissata per la fine del mercato tutelato, dopo la modica delle ultime ore del decreto che fissava al 2018 il passaggio) le compagnie dovrebbero diventare più buone e trasparenti?
Se oggi non riescono a far concorrenza alle tariffe del mercato tutelato e sono più care quale logica distorta suggerisce che senza il competitor di Stato dovrebbero praticare prezzi più bassi?
Eppure è così che il ministro Calenda ci sta vendendo questa spiacevole imposizione: le tariffe caleranno con l’aumento della concorrenza. Così ripetono i campioni della liberalizzazione. Gli stessi che rifiutano ostinatamente di considerare la possibilità di vendere e acquistare i farmaci di fascia C anche nelle parafarmacie, sotto la pressione delle farmacie. Gli stessi che di fronte alla protesta (anche violenta) dei tassisti, bloccano qualunque elaborazione di regole sui servizi come Uber e lasciano che siano i tribunali a decidere per loro.

Non giochiamo coi termini, la concorrenza non c’entra nulla con il disegno di legge di cui parliamo. E non facciamoci prendere in giro, cari lettori, è vero proprio il contrario di quanto ci ripetono gli slogan governativi: le tariffe elettriche e del gas non diminuiranno con la fine del mercato tutelato. Aumenteranno. Non per tutti, ovviamente. Non ci vuole la sfera di cristallo per prevedere che gli operatori si faranno concorrenza sui clienti che spendono di più (e che rendono di più) ma di certo non sulle famiglie, sui pensionati, sui “single” insomma su quanti stanno attenti ai propri consumi per limitare la bolletta.

PS. Non stupisce certo che Calenda sposi una linea del genere. Stupisce un po’ di più che a sostenere il superamento del mercato tutelato sia una sola associazione dei consumatori italiana, Altroconsumo. Mentre tutte le altre organizzazioni hanno rmato appelli per chiedere un passo indietro al governo, l’emanazione italiana del Beuc sostiene che “Eliminare il servizio di tutela, dando vita a un mercato davvero libero, potrebbe offrire reali opportunità di risparmio e di migliore qualità nel servizio per i cittadini”.

fonte: https://ilsalvagente.it/2017/05/03/ddl-concorrenza-colpo-di-mano-del-governo-e-regalo-alle-aziende/22201/

Da Business Insider:
“Il ddl Concorrenza è un regalo a Enel”: Mucchetti contro il governo

Il ddl Concorrenza vede la luce: dopo una gestazione di quasi mille giorni, martedì il provvedimento approderà in aula al Senato in cerca del via libera definitivo.All’interno del Pd, però, volano gli stracci: Massimo Mucchetti, presidente della commissione Industria che aveva in carico l’analisi del disegno di legge, attacca il governo per aver promosso un “disegno di legge che èintitolato alla promozione della concorrenza ma che invece, accanto a norme positive, contiene anche norme a favore di interessi organizzati o di monopoli”.

Tradotto: è un peccato che in tutta la legislatura si riesca – forse – ad adottato un solo provvedimento del genere (nelle intenzioni del legislatore dovrebbe essere una legge annuale collegata alla manovra di Bilancio, ndr) e non riesca a farlo nel pieno interesse dei consumatori. In particolare, nel mirino di Mucchetti ci sono le modalità di addio al servizio di maggior tutela del mercato energetico: la Camera, infatti, ha soppresso, il provvedimento con il quale si chiariva come gli utenti del servizio fossero ancora clienti dell’acquirente unico e non degli operatori che forniscono il servizio di vendita (Enel, A2a, Acea, etc etc).

“Non a caso – ha attacca il senatore del Pd nel suo intervento in commissione – Enel, A2a, Acea e gli altri operatori hanno costituito società distinte per i clienti in libero mercato e per quelli dell’Acquirente Unico. La modifica apportata dalla Camera, espungendo quel riferimento ai soggetti che non abbiano scelto il proprio fornitore, fa quindi un doppio regalo ai fornitori del servizio di vendita all’Acquirente Unico: il primo consiste nell’acquisizione di questi clienti, senza alcun costo commerciale, ma in forza di una legge; il secondo nella possibilità di aumentare i prezzi come l’esperienza del libero mercato di questi anni fa prevedere”.

Se in un primo momento i prezzi potrebbero essere bassi per attrarre nuovi clienti in questa fase di passaggio del mercato, in seguito sono destinati ad aumentare “con una tecnica non diversa da quella praticata dai pusherche regalano la prima dose” commenta Mucchetti.

D’altra parte durante la presentazione del suo piano industriale, Enel ha promesso, ai proprio investitori, nonostante il calo dei prezzi dell’energia, un aumento dell’Ebitda del 20% a 3 miliardi nel 2019 con “i clienti sul libero mercato che dovrebbero quasi raddoppiare a seguito della fine del mercato tutelato in Italia e della ulteriore liberalizzazione attesa in America Latina”.

“È contraddittorio – prosegue Mucchetti – che una legge di promozione della concorrenza si riveli così marcatamente a favore dell’incumbent, che oggi serve l’85 per cento dei clienti dell’Acquirente Unico” inoltre “a chi teme che il servizio di salvaguardia risulti più oneroso di quello di maggior tutela risponde che ciò è vero, ma che il servizio di salvaguardia è riservato per legge alle imprese che abbiano consumi oltre una certa soglia e non alle famiglie e alle piccole imprese”. Di conseguenza la salvaguardia si rivolge a circa l’1 per cento del mercato. Insomma secondo Mucchetti sarebbe stato più saggio ritardare ancora l’approvazione “visti i tempi complessivi dell’iter, correggendo un’evidente stortura che diversamente è destinata a restare e a produrre i suoi effetti”.

fonte: https://it.businessinsider.com/il-pd-a-pezzi-mucchetti-contro-il-governo-il-ddl-concorrenza-e-un-regalo-a-enel/

Ricapitoliamo: quello che nel 2014 a firmato l’accordo con Bruxelles per far approdare tutti i migranti del Mediterraneo in Italia, ora invoca il “Pugno di ferro” … Faccia di bronzo forse è troppo poco?

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Ricapitoliamo: quello che nel 2014 a firmato l’accordo con Bruxelles per far approdare tutti i migranti del Mediterraneo in Italia, ora invoca il “Pugno di ferro” … Faccia di bronzo forse è troppo poco?

Luigi Di Maio:

“Pugno di ferro? Faccia di bronzo! L’ipocrisia di Matteo Renzi non ha eguali.

Oggi dice che bisogna usare il “pugno di ferro” contro le Ong che hanno contatti con gli scafisti, peccato però che quando sollevai io il tema in aprile si mise a sparare a zero sul MoVimento 5 Stelle e sulla mia persona.

“Faccia di bronzo”, altro che “pugno di ferro”.

Prima mi attaccava, oggi fa il pappagallo e ripete principi che noi abbiamo già messo nero su bianco in una proposta di legge a prima firma Alfonso Bonafede. Invece di rilasciare interviste qua e là si chiami il suo partito e gli chieda di portare in aula la nostra proposta di legge, che prevede di attribuire alle unità nel Mediterraneo i poteri dell’autorità giudiziaria.

Solo in questo modo riusciremo a supportare il lavoro delle Procure che stanno lavorando.

Poi un’altra considerazione, visto che Renzi ha anche bollato come una “bufala pazzesca” quel che invece è ormai una verità appurata (e confermata anche da ex ministri del Pd come la Bonino e Mauro), ovvero che è stato lui, nel 2014, a stringere un accordo con Bruxelles per far approdare tutti i migranti del Mediterraneo in Italia.

Dà la colpa agli altri Stati membri che non stanno facendo la propria parte.

Ma fatemi capire: Renzi il patto con Bruxelles l’ha stretto sulla fiducia?

Senza sapere o immaginare che poi gli altri Paesi Ue ci avrebbero voltato le spalle appellandosi a Dublino?  E ci voleva tanto a prevederlo?

Il punto è che Renzi altro non sa fare che dare la colpa agli altri, su ogni cosa. Vede gufi ovunque, fin da quando è salito a Palazzo Chigi.

E’ una vera e propria ossessione la sua, come quella che prova verso il MoVimento 5 Stelle!

La smetta di pensare ai fantasmi e porti la nostra proposta in Aula!”

tratto da: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=1430812706955271&id=522391027797448

Diminuire le tasse? SI PUÒ FARE! Basta non avere l’Euro… La lezione dell’Ungheria di Orban – Dal 2010 ad oggi, senza Euro, il peso fiscale è diminuito del 9 per cento!

 

Euro

 

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Diminuire le tasse? SI PUÒ FARE! Basta non avere l’Euro… La lezione dell’– Dal 2010 ad oggi, senza Euro, il peso fiscale è diminuito del 9 per cento!

 

RECORD EUROPEO PER L’UNGHERIA DI ORBAN – Peso fiscale diminuito in Ungheria del 9 per cento dal 2010

L’Istituto Molinari ha certificato il primato della politica fiscale di Orbán, caratterizzata da una semplificazione degli oneri a carico dei contribuenti

CASTA – tanto per farvelo sapere, i dipendenti di Camera e Senato si beccano anche la sedicesima, OVVIAMENTE SEMPRE A SPESE NOSTRE…!!

CASTA

 

 

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CASTA – tanto per farvelo sapere, i dipendenti di Camera e Senato si beccano anche la sedicesima, OVVIAMENTE SEMPRE A SPESE NOSTRE…!!

 

CASTA – tanto per farvelo sapere, i dipendenti di Camera e Senato si beccano anche la sedicesima, OVVIAMENTE SEMPRE A NOSTRE SPESE !!

Ebbene si. Mentre per voi comuni mortali la tredicesima è una boccata d’ossigeno per pagare tasse, mutui e debiti, mentre tra voi comuni mortali ci sono dei fortunati che si godono anche la quattordicesima, per loro non è così!

Loro si sono regalati non dico la quindicesima, ma addirittura la sedicesima !!

Tanto pagate voi comuni mortali (leggi i soliti fessi italioti).

ma la casta è la casta e voi non siete un cazzo !!

Il regolamento sul personale del Senato, all’articolo 17 comma 3, la chiama «indennità compensativa di produttività», ma di fatto equivale a una sedicesima mensilità.

Cioè una mensilità aggiuntiva rispetto alle già quindici mensilità di cui si compone lo stipendio dei dipendenti di entrambi i rami del Parlamento. Oltre alle classiche tredicesima e quattordicesima riscosse a dicembre e a giugno, i lavoratori di Camera e Senato incassano infatti la quindicesima: una mensilità il cui importo viene spalmato nelle buste paga di aprile e settembre.

E non è finita qui: la voce è anche «pensionabile» cioè vale anche nel calcolo dell’assegno pensionistico.

Un di più per nulla scontato se si pensa che le altre voci che compongono lo stipendio dei dipendenti del Senato sono rigorosamente «non pensionabili»: dall’indennità di funzione alle altre indennità e forme di incentivazione. Ed anche il regolamento della Camera su questo punto è preciso: le indennità speciali «non sono pensionabili».

Da: http://siamolagente2.altervista.org/casta-tanto-per-farvelo-sapere-i-dipendenti-di-camera-e-senato-si-beccano-anche-la-sedicesima-ovviamente-sempre-a-nostre-spese/

Ecco il “Tetto agli stipendi” della casta – Così quel povero Cristo del barbiere della Camera prenderà “solo” 99 mila euro… Ma sono idioti loro o pensano che lo siamo noi…?

 

casta

 

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Ecco il “Tetto agli stipendi” della casta – Così quel povero Cristo del barbiere della Camera prenderà “solo” 99 mila euro… Ma sono idioti loro o pensano che lo siamo noi…?

 

Tetti agli stipendi, così il barbiere della Camera prenderà “solo” 99 mila euro

 

ROMA – E alla fine arriva il giorno dei tetti ai maxi-stipendi dei dipendenti della Camera e del Senato.

Tutti gli altri dipendenti statali sono già sottoposti al vincolo dei 240 mila euro lordi annui massimi dal primo di aprile. Oggi, alle 11, a distanza di quasi sei mesi dal decreto in vigore per gli statali ”normali” e dopo una lunga fase di tira e molla, coordinamenti faticosi, mezze trattative e qualche contestazione di cattivo gusto nei corridoi della Camera, anche Montecitorio e Palazzo Madama si adegueranno sia pure con molte cautele e tanta, tanta gradualità.

I presidenti delle due Camere Pietro Grasso (Senato) e Laura Boldrini (Camera) hanno deciso di porre fine alla fase di confronto con i 21 sindacati dei circa 2.200 dipendenti delle Camere e hanno dato mandato alle vicepresidenti Valeria Fedeli (Senato) e Marina Sereni (Camera), che presiedono gli organismi di governo del personale, e che in tutti questi mesi hanno superato mille ostacoli, di procedere senza indugio.

LA MANOVRA

Oddio, senza indugio è una parola grossa. Si perché se da una parte la manovra che partirà domani è una roba obiettivamente epocale per strutture un po’ arrugginite come le due Camere, dall’altra balza subito agli occhi una prima enorme ingiustizia: mentre il capo della Polizia oppure il direttore delle Entrate (che fino al 2011 guadagnavano oltre 600 mila euro annui) si sono visti ridurre di punto in bianco le loro buste paghe, per i dipendenti delle camere si procederà con i guanti gialli: gli stipendi diminuiranno gradualmente per toccare il tetto solo nel 2018.

QUATTRO ANNI

Inoltre lo stesso tetto – per gli stipendi più alti delle Camere – di fatto sarà superiore ai 240 mila euro poiché nel calcolo non sono compresi i contributi e alcune indennità. Traduzione: lo stipendio del Segretario Generale della Camera scenderà, si, dagli stratosferici 480 mila euro circa attuali, ma non abbatterà il muro della rispettabilissima somma di 360 mila euro lordi. E non prima del 2018. Si tratta di 120 mila euro in più di quanto lo Stato italiano riconosce al Presidente della Repubblica.

Se la gradualità e l’entità stessa dei tagli suscitano perplessità, sarebbe tuttavia ingeneroso non riconoscere al Senato e alla Camera il tentativo di intervenire a fondo e sul serio sulla massa dei maxi-stipendi ormai fuori da ogni parametro. Ma soprattutto va riconosciuto che l’intera operazione si svolge in uno scenario che vede, per la prima volta, le due Camere lavorare all’unificazione delle due strutture burocratiche. Un’operazione complessa che – se dovesse diventare realtà assieme alla riforma del Senato – porterebbe a notevoli risparmi.

LA CASCATA

La forza della manovra sta nel fatto che non saranno tagliati solo gli stipendi più alti ma, a cascata, circa un migliaio complessivamente (565 solo alla Camera). La proposta di Camera e Senato infatti propone ben sei tetti per ognuna della principali ”categorie” dei dipendenti delle due strutture. I lavoratori che già superano queste soglie scenderanno gradualmente al loro livello. Chi oggi guadagna di meno non potrà superarli in futuro.

Quali sono questi tetti? Questo è il bello: le cifre restano da sogno per la stragrande maggioranza degli italiani. Per gli assistenti e gli operatori tecnici (cioè i lavoratori che hanno compiti importanti ma relativamente semplici) il tetto massimo sarà di 99 mila euro lordi rispetto ai 136.000 previsti oggi dopo 40 anni di contribuzione. A questa ”categoria” appartengono anche i barbieri della Camera che, dunque, vanno a rimetterci ben 37 mila euro.

I CONTI

Per i collaboratori tecnici si prevede un tetto di 106.000 euro contro gli attuali 152.000. I segretari scendono da quota 156.000 a 115.000 euro. Le retribuzione dei documentaristi (in sostanza dei quadri) non potrà superare i 166.000 euro mentre oggi possono arrivare a 238.000 euro. Infine i consiglieri parlamentari, la professionalità a più alto valore aggiunto, non potranno sforare quota 240.000 contro gli attuali 358.000.

Va sottolineato che la sforbiciata è studiata con accuratezza e non sarà uguale per tutti i super-stipendi. Per quanto possa suscitare ironia ed amarezza, viste le stellari cifre in gioco, il complesso meccanismo dei tagli in sostanza prevede che chi guadagna di più, sia pure gradualmente, perderà soldi più velocemente di chi guadagna di meno.

Complessivamente, sommando i risparmi di ognuno dei quattro anni della manovra, Camera e Senato dovrebbero andare a risparmiare un centinaio di milioni. Una somma notevole perché per la prima volta entrambe le strutture hanno ridotto le loro richieste al Tesoro per alcune decine di milioni e ogni euro risparmiato è benvenuto.

E i 21 sindacati? Si rivolgeranno alla magistratura. Per loro l’attacco alle retribuzioni in atto è semplicemente illegittimo e pensano che il giudice del lavoro porrà fine ad ogni gioco. Sarà. Ma con un Pil negativo per il terzo anno consecutivo è proprio così assurdo chiedere qualche sacrificio ai superpagati barbieri di Montecitorio?

 

fonte: http://www.ilmessaggero.it/pay/edicola/tetti_stipendi_camera_tagli_barbiere-614605.html

Olimpiadi Renziane: 400mila euro alla Ercolani, collaboratrice di Lotti e amica di Renzi, per due video su Rio 2016. Il tutto con una strana “assegnazione” avvenuta 3 mesi dopo i Giochi! …E Vi chiedete ancora perchè sono tanto incazzati con la Raggi che ha loro tolto la polpetta dal piatto?

 

Olimpiadi

 

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Olimpiadi Renziane: 400mila euro alla Ercolani, collaboratrice di Lotti e amica di Renzi, per due video su Rio 2016. Il tutto con una strana “assegnazione” avvenuta 3 mesi dopo i Giochi! …E Vi chiedete ancora perchè sono tanto incazzati con la Raggi che ha loro tolto la polpetta dal piatto?

 

Olimpiadi renziane: 400mila euro alla Ercolani

Collaboratrice di Lotti, la produttrice tv ha lavorato a Rio ‘16. L’assegnazione arriva 3 mesi dopo i Giochi.

Quale regia migliore dell’Italia che cambia, per l’Italia che vince. Avranno forse pensato questo al Coni, quando hanno deciso di affidare la produzione video delle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016 all’agenzia di Simona Ercolani. L’ex autrice Rai vicina a Matteo Renzi, vicinissima a Luca Lotti che presto sarebbe diventato ministro dello Sport ma già allora aveva ottimi rapporti con Giovanni Malagò.

Una delle menti più brillanti della campagna referendaria per il sì. Per lei il 2016 è stato un anno intenso ma ben remunerato: dal Comitato Olimpico sono arrivati complessivamente circa 400mila euro. Grazie a vari affidamenti diretti e una procedura di gara senza bando, pubblicata e aggiudicata 3 mesi dopo, e non prima, dei Giochi.

Stand by Me è una società di produzione multimediale fondata dalla Ercolani. Da anni crea contenuti originali per tv e imprese, ma ormai ha fatto il salto nelle istituzioni. “We tell stories” è lo slogan dell’agenzia: “raccontiamo storie”, quelle che piacciono a Renzi.

Infatti nel 2016 ha lavorato come consulente a Palazzo Chigi per le celebrazioni storiche, a stretto contatto con Lotti, anche nel team di comunicazione per il referendum. Tanto da essere in lizza per due poltrone di peso nella Rai, azienda di cui in passato è stata una delle autrici più apprezzate: prima per la presidenza, poi per la direzione di Rai1. Entrambe le cariche sono sfumate per evitare di mollare l’azienda, ma lei si è consolata con un contratto al Coni per le Olimpiadi 2016.

Non che la Ercolani avesse bisogno di lezioni sul mondo dello sport: fra i suoi successi spicca Sfide, il programma pluripremiato per il suo modo di raccontare le storie degli atleti. Pare che al Foro Italico avessero in mente proprio questo format, quando l’hanno chiamata per la produzione di Rio. La sua agenzia ha sbaragliato la concorrenza. Gare, del resto, non ne sono state fatte: il Coni è andato dritto sulla sua agenzia, senza indecisioni (e tantomeno confronti sul mercato). Si può farlo solo in caso di assoluta unicità del prodotto. E la Ercolani senza dubbio è un pezzo unico: può vantare il modello Sfide, un archivio preziosissimo di immagini Rai (che ha dato subito il via libera). Di sicuro nessuno ha rapporti così stretti col governo, da cui il Coni in fondo dipende. “Sono nel mondo dello sport da 20 anni, nessuno fa storytelling come me. L’incarico è merito mio, non degli agganci politici”, chiarisce lei.

Di certo nel 2016 la Stand by me è stata a libro paga della Coni Servizi, la partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia. E ora ha già cominciato a lavorare ai Mondiali di sci di Cortina 2021. Cinque affidamenti diretti diversi, spalmati nei mesi, sempre sotto la soglia dei 40mila euro. Per pagare il grosso, invece, è servita una procedura negoziata: 293mila euro, ma senza bando pubblico o ribasso.

Anche sulle date qualcosa non torna: la procedura è stata pubblicata sul portale Anac il 21 ottobre, aggiudicata in una settimana e conclusa il giorno successivo. Tre mesi dopo le Olimpiadi. Non proprio il massimo della trasparenza, visto che una procedura del genere, pur essendo molto snella, prevede comunque degli obblighi su requisiti e motivazioni di deroga all’evidenza pubblica. Quando invece gli splendidi video olimpici erano ormai in archivio da un pezzo. Fa nulla: tra amici ci si intende.

tratto da: http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/olimpiadi-renziane-400mila-euro-alla-ercolani/